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mare monstrum 2002 - Legambiente

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<strong>Legambiente</strong> - Mare <strong>monstrum</strong> <strong>2002</strong><br />

“difficoltà di collegamento stradale, la ripidità delle pendici incombenti e la<br />

limitata disponibilità delle aree terrestri”. Consigliava, inoltre, di studiare<br />

provvedimenti per l’eliminazione della barra sabbiosa che si forma presso<br />

l’imboccatura portuale, e auspicava che il Comune assumesse iniziative decise<br />

per una razionalizzazione del porto esistente.<br />

Quello che nella Delibera era un'ampliamento "non eccessivo" nella<br />

realtà è diventato il raddoppio secco dei posti barca.<br />

Nel corso del mese di maggio 1999 la PENTA Srl presenta al Ministero<br />

dei Trasporti e della Navigazione – Capitaneria di Porto di Gaeta – un progetto<br />

per l’ampliamento del porto turistico di San Felice Circeo che andrà ad<br />

occupare un’area demaniale marittima di circa mq 56.650, comportando un<br />

incremento di oltre 200 posti barca, rispetto ai 250 già esistenti.<br />

Tale progetto, pur ponendosi in contrasto con le direttive del Nuovo<br />

Piano di Coordinamento dei Porti della Regione Lazio, ha visto recentemente<br />

l’approvazione delle autorità competenti.<br />

Oltre alla compromissione irreversibile degli ecosistemi marini e<br />

terrestri, tale opera comporterà un notevole aggravamento della già precaria<br />

situazione urbana dell’abitato di San Felice Circeo, soprattutto con riferimento<br />

al traffico veicolare, il rischio dell’incremento del fenomeno di erosione delle<br />

coste, già in atto, lungo il litorale fino a Terracina e la distruzione di una<br />

prateria di posidonia.<br />

Liguria: molti progetti, molti dubbi<br />

Anche sul litorale ligure la situazione della portualità minore presenta<br />

alcune situazioni a rischio. Una di queste è quella di Levanto, dove il Piano<br />

Regionale della Costa prevede un porto con funzioni di rifugio, a mezza via tra<br />

il Tigullio e il Golfo della Spezia. Le caratteristiche della baia di Levanto<br />

implicano però dei costi elevatissimi a causa della necessità di fissare la diga su<br />

fondali oltre i 10 metri. Dato che il porto sarebbe molto piccolo, con 200-250<br />

posti barca, il solo modo per realizzare l’opera sarebbe quello di abbinarla ad<br />

un’operazione immobiliare, contraddicendo così uno dei principi alla base del<br />

Piano: niente condomini con la scusa che servono a coprire i costi dei porti. In<br />

attesa che si chiarisca la fattibilità del porto rifugio, il Comune ha autorizzato la<br />

costruzione di un miniporto, realizzato con mezzi di fortuna, che rappresenta<br />

una vera e propria baraccopoli nautica.<br />

Procedendo verso Genova, va segnalato il caso di Chiavari-Lavagna, da<br />

citare come esempio classico delle cose da non fare, con due porti collocati ai<br />

lati della foce del fiume che alimentava le spiagge circostanti. Oggi le spiagge<br />

sono in crisi e i due porti si insabbiano. L’unica attenuante è costituita dal fatto<br />

che si tratta di opere realizzate da tempo, prima che i problemi dell’equilibrio<br />

costiero fossero tenuti nella dovuta attenzione. Per lo meno a Chiavari il<br />

Comune ha preso in carico un’opera abbozzata dal Genio Civile Opere<br />

Marittime e lo ha trasformato in un porto ben gestito ed accogliente. Tutto<br />

sbagliato, invece, a Lavagna: localizzazione, progetto, costruzione (i pontili<br />

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