Scarica - Centro Terapia Cognitiva
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sull’hic et nunc. Continua a fare interventi solo se interpellato e<br />
generalmente molto lunghi (anche 10-15 minuti a intervento).<br />
Durante tutto il tempo in cui Giacomo parla, gli altri lo ascoltano<br />
con estremo interesse senza mai interromperlo.<br />
Giacomo sembra chiuso in un guscio, apparentemente imperturbabile<br />
a quello che succede all’esterno, preoccupato a sopravvivere<br />
nonostante colga l’inutilità di ogni suo sforzo: “siamo tutti soggetti<br />
ad un ferreo determinismo. In passato tendevo a riversare su di<br />
me le colpe della mia sfortuna. Adesso penso che sia una legge<br />
già scritta. Volere o no siamo al capolinea. Sono oramai uno spaventoso<br />
relitto umano. Provo vergogna di come sono quando sono<br />
in mezzo agli altri, giovani e prestanti. La sera mi porta serenità<br />
perché mi sento più vicino alla morte e questo mi da pace dalle sofferenze<br />
terrene”. Spesso sottolinea che il suicidio non è una scelta<br />
possibile da intraprendere perché sarebbe contrario alle regole della<br />
morale e per tale motivo non è mai stato preso in considerazione<br />
nemmeno nei momenti più bui della sua vita.<br />
Alla nona seduta si passa alla seconda parte del protocollo in cui si<br />
cerca di riportare l’attenzione sulle relazioni e in cui i temi inevitabilmente<br />
portano al di fuori della realtà che stanno vivendo, alle<br />
persone signifi cative che si sono susseguite durante tutta la vita e<br />
a quelle che ancora oggi permangono. Giacomo ora è visibilmente<br />
sofferente, i ritardi diventano sempre più frequenti adducendo le<br />
scuse più strampalate. Si arriva fi no al punto che uno dei terapeuti<br />
deve andarlo a prendere personalmente per portarlo in terapia.<br />
Giacomo ha poca voglia di parlare e in una seduta in cui il tema<br />
trattato erano le qualità personali e ciò in cui ognuno di loro si sentiva<br />
bravo, Giacomo rinuncia a intervenire “Oggi mi sento inutile<br />
anche a parlare. Ascolto volentieri ma è diffi cile parlare”. Giacomo<br />
è ora nel gruppo, ne fa parte e sente di farne parte. Condivide con<br />
gli altri la sua sofferenza quotidiana certo di non essere giudicato,<br />
consapevole ormai che la condivisione delle sue emozioni non è più<br />
spaventante, ma anzi genera in lui sollievo allentando quel blocco<br />
emotivo che lo isola dagli altri.<br />
A questo punto della terapia per Giacomo si è ipotizzata una organizzazione<br />
di signifi cato personale di tipo ossessivo (con alcune<br />
sfumature depressive).<br />
Il gruppo è sempre presente, ambito di condivisione che rende pensabile<br />
e dicibile la sofferenza di Giacomo. Il gruppo si informa di<br />
dov’è Giacomo quando è in ritardo e, bonariamente, lo sgrida, lo<br />
chiama con appellativi come “Principino”. Giacomo per la prima<br />
volta nella terapia abbozza dei sorrisi che non siano ironici.<br />
Scuola di Formazione in Psicoterapia <strong>Cognitiva</strong> - Vol. 10 Anno 2012<br />
Appunti...<br />
del <strong>Centro</strong><br />
<strong>Terapia</strong><br />
<strong>Cognitiva</strong><br />
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