Gaetano Donizetti Maria Stuarda - musica ... - Teatro La Fenice
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MARIA GIOVANNA MIGGIANI<br />
dalle autorità dopo sei repliche, fatto del tutto eccezionale una volta iniziato il ciclo di rappresentazioni.<br />
Il libretto si basa sulla vicenda, storicamente accertata, di <strong>Maria</strong> Stuart (1542-1587), proclamata<br />
regina di Scozia a pochi giorni dalla nascita, la quale ebbe tre mariti, il re di Francia Francesco<br />
II, il cugino Henry Darnley, capo della fazione cattolica scozzese, e il conte di Bothwell, probabile<br />
responsabile dell’assassinio dello stesso Darnley. <strong>Maria</strong> ebbe anche un figlio, Giacomo I,<br />
destinato a diventare re d’Inghilterra e a riportare temporaneamente il cattolicesimo nel regno inglese.<br />
Accusata di numerose cospirazioni per ottenere il trono d’Inghilterra (a cui poteva ambire<br />
essendo pronipote di Enrico VIII), nel 1587 fu condannata alla decapitazione da Elisabetta.<br />
<strong>La</strong> trasposizione degli ultimi eventi biografici della regina di Scozia prevista dal libretto è però<br />
incentrata più sui rapporti e gli influssi psicologici reciproci dei personaggi che sugli eventi politici.<br />
<strong>La</strong> realizzazione donizettiana prevede una triade di personaggi costituita da due prime donne<br />
e un tenore, schema antiquato erede della tradizione settecentesca dei castrati, ancora distante dal<br />
modello paradigmatico ottocentesco basato su una prima donna, un tenore e un baritono. Le due<br />
protagoniste sono però sottilmente differenziate sul piano <strong>musica</strong>le, <strong>Maria</strong> attraverso un’espansione<br />
melodica per gradi congiunti, Elisabetta con escursioni intervallari più ampie e ritmicamente<br />
più incisive. Alla fin fine le due figure regali, la donna sofferente di amore inappagato (Elisabetta)<br />
e quella capace di suscitare affetto e ammirazione (<strong>Maria</strong>), sembrano illustrare facce diverse<br />
di una medesima realtà femminile, accomunate dalla sconfitta nelle aspirazioni più care.<br />
Il libretto è ricco di pezzi costruiti e collocati in ossequio alle convenzioni, come l’introduzione<br />
con coro ad apertura di sipario o la preghiera della protagonista, preceduta da un ‘inno di<br />
morte’, verso la fine dell’opera. Tuttavia tali pezzi si alternano a forme di notevole originalità, tra<br />
cui svetta il finale dell’atto primo (parte seconda nel libretto). Esso fu concepito da <strong>Donizetti</strong> come<br />
un organismo ampiamente strutturato (<strong>La</strong>rghetto, tempo di mezzo e stretta conclusiva). <strong>La</strong><br />
peculiare dilatazione operata dal compositore nella parte centrale (il tempo di mezzo, dove le regine<br />
si insultano), a scapito dei settori lirici, relativamente più brevi, dimostra il suo interesse, intenso<br />
e aggiornato, per l’immediatezza drammatica e per l’approfondimento introspettivo. Proprio<br />
l’aderenza continua ai trapassi psicologici, capaci di suggerire scelte drammatico-<strong>musica</strong>li<br />
inedite, fa sì che il tempo di mezzo acquisisca una perfetta autonomia formale. L’autore dell’Elisir<br />
d’amore (1832), di Lucia di <strong>La</strong>mmermoor (1835), Linda di Chamounix (1842) e Don Pasquale<br />
(1843), impresse anche a questo lavoro il contrassegno stilistico più tipico della sua arte,<br />
che Fedele D’Amico definì come «un drammatismo acceso molto oltre i suoi motivi apparenti (e<br />
perciò così carico di divenire storico)». A più di un secolo dalla prima rappresentazione <strong>Maria</strong><br />
<strong>Stuarda</strong> riacquistò lo spicco che meritava grazie a un revival a Bergamo nel 1958 e da allora è<br />
stata più volte riproposta sui maggiori palcoscenici internazionali.