Gaetano Donizetti Maria Stuarda - musica ... - Teatro La Fenice
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«COME IN LUI RUGGISSE L’ANIMA DRAMMATICA DI SCHILLER»<br />
Per il compositore l’impegno principale stava quindi nel focalizzare quanto più nettamente<br />
possibile, con l’impiego di mezzi <strong>musica</strong>li, il contrasto fra due rivali che non<br />
lottano soltanto per il potere, ma anche per lo stesso uomo. A tal punto che perfino il<br />
tenore Leicester si riduce ad un ruolo di comprimario, cui non è concessa neppure<br />
un’aria nel senso stretto del termine.<br />
<strong>Donizetti</strong> si discosta ad esempio dalle inflessibili convenzioni del finale a numeri: alla<br />
fine della parte seconda (atto primo nella partitura) il pezzo concertato compare davvero<br />
troppo presto, dal momento che Elisabetta e <strong>Maria</strong> si scontrano già al termine della<br />
scena in recitativo. Proprio qui Schiller richiede «ein allgemeines Schweigen» («silenzio<br />
universale» nella traduzione di Maffei): l’identica situazione congelata che nell’opera italiana<br />
di quell’epoca fungeva sempre da trampolino per lanciare un pezzo concertato. Il<br />
<strong>La</strong>rghetto qui composto da <strong>Donizetti</strong> («È sempre la stessa», II.4/I.9) esordisce in maniera<br />
collaudata come «falso canone», nel quale solitamente una frase solistica di più battute<br />
migra invariata attraverso almeno tre voci, quando non quattro o cinque, mentre a<br />
partire dalla seconda frase le voci cantano in contrappunto libero. In questo sestetto, invece,<br />
alla frase di nove battute cantata da Elisabetta risponde a canone solo la voce di<br />
<strong>Maria</strong>, mentre Talbot attacca subito dopo di lei non a canone ma con un contrappunto<br />
libero. Quindi, nel punto in cui qualunque ascoltatore coevo si sarebbe atteso una terza<br />
entrata, prima Anna e Leicester e poi, dopo una battuta, Elisabetta e <strong>Maria</strong> intonano<br />
una melodia del tutto nuova, non più caratterizzata da terzine in staccato, bensì condotta<br />
in andamento legato. Il pezzo concertato manca apparentemente del suo tradizionale<br />
«tempo d’attacco»; ma è il successivo «tempo di mezzo» – con il diverbio fra le regine<br />
e la sua sfacciata infrazione a tutte le convenzioni drammaturgiche – a presentarne<br />
le caratteristiche ritmiche e formali, e a sfociare nella furibonda stretta («Va’, preparati<br />
fremente»), come ha sottilmente rilevato Luca Zoppelli. 17<br />
In qual modo <strong>Donizetti</strong> contrassegna melodicamente le sue due regine? Sin dal suo<br />
apparire, le melodie di <strong>Maria</strong> muovono generalmente per gradi congiunti, su intervalli<br />
di seconda. Ciò è specialmente evidente nella prima frase del tempo lento della sua cavatina<br />
(«Oh nube! che lieve per l’aria ti aggiri»), col moto ascendente dalla quarta inferiore<br />
(<strong>La</strong> ) alla quarta superiore (Sol ), assai ritenuto e d’effetto tenero:<br />
ESEMPIO 1 – <strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong>, II.1/I.6, n. 4, bb. 83-87 18<br />
<strong>Maria</strong><br />
Oh nu be!che lie ve per l'a ria t'ag gi ri,<br />
3<br />
17 Cfr. ZOPPELLI, Tragisches Theater und Oper cit., pp. 301-302; ID., De Schiller à <strong>Donizetti</strong>. Métamorphoses<br />
dramatiques d’une rédemption, in <strong>Donizetti</strong>, «<strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong>», «L’avant-scène opéra», 225, Paris, Premières loges,<br />
2005, pp. 80-83: 81-82.<br />
18 Gli esempi sono tratti da GAETANO DONIZETTI, <strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong>. Tragedia lirica di Giuseppe Bardari, a cura<br />
di Anders Wiklund («Edizione critica delle opere di <strong>Gaetano</strong> <strong>Donizetti</strong>, 1»); la numerazione di atti e scene segue<br />
la lezione del libretto e dopo la barra obliqua quella della partitura.<br />
3<br />
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