Gaetano Donizetti Maria Stuarda - musica ... - Teatro La Fenice
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44<br />
Va’… lo chiedi, o sciagurata,<br />
al tuo talamo tradito,<br />
ed all’ombra invendicata<br />
di quel misero marito;<br />
al tuo braccio… all’empio core,<br />
che tra’ vezzi dell’amore<br />
sol delitti e tradimenti,<br />
solo insidie macchinò.<br />
GUIDO PADUANO<br />
In Schiller lo scontro prosegue guidato dalla crudele volontà di Elisabetta e dalla sua<br />
perversa logica: di fronte all’ipotesi di una <strong>Maria</strong> che come erede sarebbe comunque rivale,<br />
la stessa <strong>Maria</strong> arretra rassicurando Elisabetta e chiedendo soltanto la libertà; ma<br />
a quel punto Elisabetta utilizza la sua stessa ritirata intendendola o fingendo di intenderla<br />
non come volontà ma come costrizione, riconoscimento obbligato che la sua<br />
capacità di sedurre è tramontata: il passo successivo sarà proclamare che questo è un<br />
fatto naturale, dal momento che la fama della sua bellezza è sopravvalutata, e nella sostanza<br />
non è altro che un prodotto della sua disponibilità sessuale.<br />
Vediamo in Schiller entrambi i movimenti discorsivi:<br />
Vi date dunque finalmente per vinta? I vostri intrighi sono finiti? Non c’è più nessun sicario<br />
che si metta sulla mia strada? Nessun avventuriero che affronti per voi l’impresa letale? Sì, è<br />
davvero finita, <strong>La</strong>dy <strong>Maria</strong>. Non seducete più nessuno e il mondo si occupa d’altro. Nessuno<br />
ha voglia di diventare il vostro… quarto marito, perché voi uccidete i vostri pretendenti come<br />
i vostri mariti. 36<br />
E poi:<br />
(<strong>La</strong> guarda a lungo con uno sguardo di orgoglioso disprezzo)<br />
E sono queste, Lord Leicester, le attrattive che nessun uomo può guardare impunemente, che<br />
nessuna donna può azzardarsi ad uguagliare! In verità, è una fama conseguita a buon mercato.<br />
Per essere la bellezza riconosciuta da tutti non occorre altro che essere appartenuta a tutti. 37<br />
Solo quest’ultimo e spaventevole insulto è rimasto in <strong>Donizetti</strong> della catena conversazionale<br />
che ho sommariamente ripercorso, preceduto da una più netta chiamata<br />
in causa di Leicester, l’uomo amato da entrambe che si è penosamente dibattuto tra<br />
entrambe rispondendo all’invocazione di <strong>Maria</strong> («Ah, Roberto!») con un’esortazione<br />
alla sopportazione e alla mitezza, per evitare la beffa paradossale che «ti costi onore<br />
e vita / una grazia a te impartita», e all’imperioso richiamo della regina («Parla, o conte»)<br />
con un a parte smarrito: «E che dirò?». Poi la <strong>musica</strong> è chiamata a rendere la lentezza<br />
analitica e insinuante dello sguardo che denuda la rivale, e nella presunzione di<br />
smascherarla, demistifica invece la propria disperata debolezza: bisogna ricordare a ri-<br />
36 «Bekennt Ihr endlich Euch für überwunden? / Ist’ s aus mit Euren Ränken? Ist kein Mörder / mehr unterweges?<br />
Will kein Abenteurer / für Euch die traur’ge Ritterschaft mehr wagen? / Ja, es ist aus, <strong>La</strong>dy <strong>Maria</strong>: Ihr verführt<br />
/ mir keinen mehr. Die Welt hat andre Sorgen. / Es lüstet keinen Euer – vierter Mann / zu werden, denn Ihr<br />
tötet Eure Freier / wie Eure Männer».