Gaetano Donizetti Maria Stuarda - musica ... - Teatro La Fenice
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GUIDO PADUANO<br />
Poi <strong>Maria</strong> sposa Bothwell sfidando il giudizio del mondo, ma la rivolta dei suoi<br />
lord la spinge a fuggire in Inghilterra, dove si ritrova non ospite né esule ma prigioniera:<br />
la sua presenza è vissuta infatti da Elisabetta e dai suoi consiglieri come una<br />
minaccia mortale, aggravata dalla lotta religiosa che fa temere il ritorno al potere dei<br />
‘papisti’.<br />
Peraltro la regina prigioniera, nella sua sofferenza e nelle indomabili trame per la sua<br />
libertà, e forse per il trono, esercita una seduzione sottile e profonda (nel testo di Schiller<br />
la propaganda avversaria la paragona a maliarde mitiche quali Elena e Armida): ammaliati<br />
dal suo fascino, Norfolk e Babington la precedono sul patibolo cui la manda un<br />
processo assai dubbio, che prende origine da una lettera da lei scritta a Babington dove<br />
dà il suo assenso al progetto di assassinare Elisabetta. <strong>La</strong> decisione di Elisabetta di<br />
firmare la sentenza attraversa un lungo percorso di esitazioni prima di essere presa, e<br />
poi platealmente disconosciuta quando l’esecuzione è avvenuta.<br />
Con un’organizzazione quasi aristotelica, la tragedia di Schiller investe l’ultimissima<br />
parte della vita della regina, a partire dalla sua informazione sull’esito del processo. In<br />
essa l’ombra del passato occupa il tempo drammatico non solo con l’ipoteca della memoria,<br />
ma con un episodio-doppione in cui il solo personaggio immaginario della tragedia,<br />
il giovane Mortimer nipote del carceriere Paulet, ricalca le orme di Babington<br />
rendendosi protagonista di un innamoramento fanatico e di un folle e vano progetto di<br />
liberazione. Schiller colloca poi al centro del suo dramma un incontro fra le due regine,<br />
in cui <strong>Maria</strong> «gravemente provocata» («schwer gereizten» – sono parole del suo excarceriere,<br />
Lord Talbot) offende a morte Elisabetta: è la drammatizzazione di una terribile<br />
lettera scritta dalla regina di Scozia nel 1585. Infine, l’ombra dei passati progetti<br />
matrimoniali tra <strong>Maria</strong> e il conte di Leicester prende corpo in una relazione amorosa<br />
che Leicester nasconde e sacrifica sotto le ambiguità cortigiane.<br />
Il libretto di Bardari per <strong>Donizetti</strong> si ispira al testo schilleriano nella struttura complessiva<br />
e nell’individuazione dei principali momenti scenici, emotivi e concettuali, ma<br />
scioglie il nodo di potere e amore gerarchizzandoli a vantaggio del secondo termine in<br />
modo così radicale da superare addirittura le aspettative del genere melodramma, che<br />
fa dell’eros non un argomento privilegiato ma una lente attraverso la quale vedere e<br />
sussumere il mondo.<br />
Possiamo usare per un comodo confronto la transcodificazione operistica di altre<br />
opere dello stesso Schiller, quali il rossiniano Guillaume Tell e i verdiani Masnadieri,<br />
Giovanna d’Arco e Luisa Miller, per non parlare di Don Carlos, in cui l’interesse per i<br />
problemi della vita associata è quantitativamente e qualitativamente peculiare. Tutti<br />
questi testi si differenziano da <strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong> perché in essi la dimensione politica, più<br />
o meno sacrificata, ha comunque ricchezza e capacità persuasiva destinate a sopravvivere<br />
alla transcodificazione medesima grazie ai contenuti, vale a dire a una causa positiva<br />
proposta all’identificazione dello spettatore – sia la passione libertaria del Tell o la<br />
congenialità risorgimentale di Giovanna d’Arco, il riformismo grandioso di Don Carlos<br />
o, in misura minore, il plutarchismo contraddittorio di Karl Moor nei Masnadieri<br />
e la ribellione all’assetto classista della società che innerva Kabale und Liebe, ipotesto