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Gaetano Donizetti Maria Stuarda - musica ... - Teatro La Fenice

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«MA, VINTA, L’ALTERA DIVENNE PIÙ FIERA»<br />

questa speranza poggia sul fondamento dell’amore (anzi, della «mano fattiva dell’amore»<br />

23 ), giacché <strong>Maria</strong> è convinta di dovere il beneficio all’intervento di Leicester.<br />

Su questo punto interviene la prima disillusione (III.2), giacché Paulet rivendica il beneficio<br />

medesimo come proprio merito, e le annuncia la visita imminente di Elisabetta.<br />

<strong>Maria</strong> ne è sconvolta, e nel mutamento della sua prospettiva interiore sembra riecheggiare<br />

il capovolgimento di valori che abbiamo già visto insinuare da Leicester a Elisabetta:<br />

«Quello che avevo richiesto come massimo favore adesso mi sembra orribile,<br />

spaventoso». 24<br />

È questa la parte dell’opera che più corrisponde alla filigrana dell’ipotesto, anche se<br />

l’apertura naturalistica dell’atto ha prodotto in Bardari uno dei più fondati contributi<br />

al tradizionale discredito linguistico dei libretti («Su’ prati appare / odorosetta e bella /<br />

la famiglia de’ fiori», II.1/I.6). <strong>La</strong> cavatina di <strong>Maria</strong> «Oh nube! che lieve per l’aria ti aggiri»<br />

dà voce alla nostalgia della Francia, mentre il successivo suono dei corni, che marca<br />

in realtà l’arrivo di Elisabetta, si colora di tragica ironia nel riportare <strong>Maria</strong> al dolce<br />

ricordo delle cacce regali in Scozia.<br />

In questo quadro conservativo si inserisce, a rassicurazione di <strong>Maria</strong> e a preparazione<br />

dell’incontro tra le regine, una divergenza sostanziale che sostituisce alla voce compassionevole<br />

di Talbot, che sopravviene in Schiller (III.3), quella amorosa di Leicester<br />

(II.2/I.7); entrambe tuttavia recano lo stesso messaggio, che è l’impossibile invito alla sottomissione:<br />

«È lei la potente: umiliatevi» 25 è la frase di Talbot in Schiller, «Ove ti mostri<br />

a lei sommessa» quella di Leicester nell’opera. <strong>La</strong> ripulsa di <strong>Maria</strong> può essere bene illustrata<br />

da quanto dice Zweig nella sua biografia a più riprese, a cominciare dal momento<br />

in cui, giovane vedova del re di Francia, vengono frapposte difficoltà al suo ritorno<br />

in Scozia:<br />

Per la prima volta in queste parole echeggia il tono cosciente, energico e deciso di <strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong>.<br />

Questa donna di indole morbida, duttile, spensierata e gaudente, che ama piuttosto la gioia<br />

e la bellezza della vita che le sue lotte, diventa di colpo ferrea, audace e inflessibile appena<br />

si tratta dell’onor suo, dei suoi diritti regali. Meglio perire che piegarsi, meglio una follia regale<br />

che una meschina debolezza. 26<br />

Da Schiller a <strong>Donizetti</strong> resta invariato anche l’argomento con cui gli interlocutori di<br />

<strong>Maria</strong> cercano di indurla alla sottomissione, che cioè Elisabetta si è mostrata ben disposta<br />

verso di lei, e commossa dalla sua richiesta. È un’interpretazione benevola, e forse<br />

da intendersi come strumentale, di quanto lo spettatore ha veduto svolgersi in precedenza.<br />

In Schiller Elisabetta si era effettivamente asciugata una lacrima,<br />

commentando la condizione della rivale con parole topiche circa la precarietà delle fortune<br />

umane (II.4); un commento che lo stesso Talbot aveva interpretato come atto di<br />

23 «Der Liebe tät’ge Hand».<br />

24 «Was ich mir als die höchste Gunst erbeten, / dünkt mir jetzt schrecklich, fürchterlich».<br />

25 «Sie ist die Mächtige – demütigt Euch».<br />

26 STEFAN ZWEIG, <strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong>, Milano-Verona, Mondadori, 1935, p. 38.<br />

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