114 FRANCO ROSSI – DALL’ARCHIVIO STORICO DEL TEATRO LA FENICE Giuseppe Bertoja (1804-1873), bozzetti scenici (I.1, IV.4) per la ripresa di <strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong> al <strong>Teatro</strong> <strong>La</strong> <strong>Fenice</strong> di Venezia, 1840. Da MARIA TERESA MURARO-MARIA IDA BIGGI, Giuseppe e Pietro Bertoja scenografi alla <strong>Fenice</strong> 1840-1902, Venezia, Marsilio, 1998.
LA FENICE RISORGE DALLE SUE CENERI E SISTEMA L’ORCHESTRA L’articolo, a firma di un altrimenti ignoto corrispondente di nome Pier Benedetto Cappello, lascia alquanto perplessi per la sospetta coincidenza temporale, e il modo nel quale la recensione – donizettiana! – viene condotta giustifica un qualche sospetto di aperta contestazione, se non proprio di presa in giro, nei confronti dello spettacolo presentato in quel momento sulle scene del massimo teatro veneziano. Sospetto che la documentazione archivistica conferma, alludendo ad altrimenti inspiegabili difficoltà di rapporti proprio con la «Gazzetta». 2 Anche l’appassionato coccodrillo scritto quattro giorni dopo la prima di <strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong> (sempre ignorata) per la scomparsa (un mese prima) di Giuditta Grisi, indimenticabile interprete della prima assoluta dei Capuleti e Montecchi belliniani, sembra un ulteriore modo per prendere le distanze dalle attuali scelte della dirigenza veneziana. 3 In coincidenza con un periodo non del tutto sereno, la Nobile Società proprietaria decise intanto di provvedere a una riorganizzazione dell’orchestra, elemento di fondamentale importanza nella struttura del teatro d’opera. 4 Un Elenco dei Professori d’Orchestra per la Stagione di Primavera 1840 colle rispettive paghe rappresenta un valido aiuto per comprendere meglio l’assetto del teatro stesso. Complessivamente ci troviamo di fronte a sessantacinque stipendiati. Per quanto riguarda i violini, oltre al direttore <strong>Gaetano</strong> Mares, che presterà a lungo la propria opera presso il teatro veneziano (e che secondo la prassi continua a suonare come primo violino-direttore), appaiono nell’elenco Girolamo Capitanio, primo violino ai balli, e le due spalle: in pratica, se complessivamente i violini sommano a ventidue, due di questi sono esplicitamente riservati al momento dei balli e due a quello dell’opera, portando quindi l’organico di fatto a venti violini costantemente attivi. Sei sono le viole, mentre i violoncelli sono solo quattro, numero apparentemente sbilanciato se si considerano i ben sette contrabbassi. Per meglio comprendere questa distribuzione bisogna rammentare la disposizione dell’orchestra di allora, testimoniata da una pianta disegnata che si conserva in archivio, che non prevedeva la presenza di file compatte, bensì di gruppi nei quali i contrabbassi avevano il compito di scandire il ritmo a cui gli altri strumenti dovevano in qualche modo uniformarsi. Ci troviamo quindi di fronte a un totale di trentanove archi, ai quali vanno sommate le coppie di legni (con il clarinetto basso in aggiunta), la doppia coppia di corni, la coppia di trombe, il trombone, l’arpa e le percussioni – che richiedono l’ingaggio di ben quattro persone –, oltre al sempre presente volta carta. I compensi sono assai diversi, non solo tra ruoli ma anche tra i singoli strumenti: il direttore <strong>Gaetano</strong> Mares percepisce ovviamente il compenso maggiore, 450 lire austriache lorde per l’intera stagione, dal 20 aprile al 4 maggio. L’unico professionista ad avvicinarsi a questo compenso è il contrabbassista Giovanni Arpesani, che supera le 335 lire, ma si tratta di una cifra irraggiungibile per tutti gli altri: la spalla di Mares supera di poco le 200 lire, mentre Girolamo Capitanio, primo violino ai balli e la relativa spalla percepiscono entrambi 150 lire. Abbastanza contenuto è anche il compenso alla prima viola (172,50 lire), mentre il primo violoncello spunta 225 lire, un compenso comunque inferiore a quello percepito da Giuseppe Forlico, altro primo contrabbasso 2 Archivio Storico del <strong>Teatro</strong> <strong>La</strong> <strong>Fenice</strong>, busta Spettacoli 1840. 3 «A suo tempo abbiamo annunziato la perdita fatta dalla scene melodrammatica nella persona di Giuditta Grisi, perdita che in nessun luogo fu più dolorosamente sentito quanto qui, dove dapprima ell’acquistò quel bel nome, che altrove poscia si confermò e mantenne […] Un bel giorno un creatore di <strong>musica</strong> tutto grazie e sentimento, il passionato Bellini, s’incantò in Giuditta, così sull’isoletta della veneta laguna. […] Il mondo <strong>musica</strong>le ebbe allora quella vivace ispirazione che tutti conoscono, le cui soavi melodie tutti ripetono, la più popolare di tutte le opere di Bellini, i Capuleti e Montecchi» («Gazzetta privilegiata» di Venezia, 1 giugno 1840). 4 Cfr. a tale proposito CARLO STENO ROSSI, Il teatro come impresa: la <strong>Fenice</strong> negli anni 1836-66, «Quaderni dell’Archivio Storico», 1, Venezia 2005, CD-Rom. 115
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