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Gaetano Donizetti Maria Stuarda - musica ... - Teatro La Fenice

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32<br />

GUIDO PADUANO<br />

uxoricidio, avrebbe tramato contro la vita di Elisabetta e per il ripristino in Inghilterra<br />

della religione cattolica: a prova delle sue pervicaci pretese sul trono d’Inghilterra, che<br />

smentiscono la tesi secondo cui la sua infelice condizione presente ne garantisce l’innocuità,<br />

è addotto il fatto di non aver mai voluto sottoscrivere il trattato di Edimburgo<br />

(stipulato nel 1560, quindi vecchio di quasi trent’anni), in cui si riconosceva la legittimità<br />

di Elisabetta.<br />

<strong>La</strong> perquisizione che da Hanna è avvertita come intollerabile violazione è invece<br />

sopportata da <strong>Maria</strong> con intangibile dignità regale («Ci possono trattare bassamente,<br />

ma non abbassarci» 6 ): lei stessa affida a Paulet le carte segrete che la perquisizione ha<br />

scoperto, e che consistono soltanto in una richiesta di colloquio rivolta a Elisabetta. Gli<br />

chiede poi invano notizie sulla conclusione del processo (I.2).<br />

Nel successivo dialogo con Hanna (I.4), si apre per <strong>Maria</strong> il terreno bruciante e angoscioso<br />

dei rimorsi, giacché in quel giorno ricorre l’anniversario della morte di Darnley.<br />

Non scalfiscono il rimorso gli argomenti apologetici della nutrice: né quello secondo<br />

il quale l’assassinio di Darnley vendicava quello di Rizzio (anzi, <strong>Maria</strong> avverte a<br />

ragione quanto la teoria della faida infinita contenuta in quella giustificazione possa ribaltarsi<br />

ai suoi danni), né quello secondo cui lei stessa era vittima delle stregonerie di<br />

Bothwell. Ad esso la regina risponde con limpida onestà che «le sue arti non erano altro<br />

che la sua forza virile e la mia debolezza». 7 Il pentimento di <strong>Maria</strong> diventerà in <strong>Donizetti</strong><br />

struttura melodrammatica in una posizione assai più tarda, nella scena della<br />

confessione che precede l’esecuzione della condanna (IV.3/II.5), dove anche Schiller lo<br />

riprende in breve. Resta invece incontestato l’argomento giuridico avanzato da Hanna<br />

secondo cui la regina di Scozia non è soggetta alla giurisdizione inglese: «né Elisabetta,<br />

né il parlamento inglese è vostro giudice. Ciò che qui vi opprime è la forza». 8<br />

Subito dopo (I.5-6) si presenta a <strong>Maria</strong>, smentendo la propria apparenza di carceriere<br />

burbero, il giovane Mortimer, che le esprime tutto il suo entusiasmo di neofita<br />

convertito alla fede cattolica, la passione subitanea che in lui ha suscitato il suo ritratto,<br />

l’indefettibile decisione di liberarla, incurante del rischio: «è già una fortuna<br />

morire per la vostra salvezza». 9 Con stupore dell’uomo, <strong>Maria</strong> gli affida un messaggio<br />

per il conte di Leicester, il favorito di Elisabetta, che passa per uno dei suoi più<br />

accaniti persecutori.<br />

Il colloquio è interrotto dall’arrivo di Cecil, in Schiller chiamato col titolo nobiliare<br />

di barone di Burleigh (I.7): ha l’incarico di comunicare a <strong>Maria</strong> la sentenza di condanna<br />

del tribunale (già anticipatale da Mortimer), e con lui la regina sostiene un serrato<br />

dibattito sull’infondatezza del processo: principio del diritto è che l’accusato sia giudicato<br />

dai suoi pari e, dice <strong>Maria</strong>, «solo i re sono miei pari»; 10 unicamente per riguardo<br />

6 «Man kann uns niedrig / behandeln, nicht erniedrigen».<br />

7 «Seine Künste waren kein andre / als seine Männerkraft und meine Schwachheit».<br />

8 «Nicht Elisabeth, / nicht Englands Parlament ist Euer Richter. / Macht ist’s, die Euch hier unterdrückt».<br />

9 «Und Glück schon ist’s für Eure Rettung sterben».<br />

10 «Nur Könige sind meine Peers».

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