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Gaetano Donizetti Maria Stuarda - musica ... - Teatro La Fenice

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72<br />

LEICESTER<br />

Leicester tu?Qui viene<br />

chi t’adora a spezzar le tue catene.<br />

MARIA<br />

Libera alfin sarò? Dal carcer mio<br />

libera? E a te il dovrò? Lo crede appena<br />

l’agitato mio cor.<br />

LEICESTER<br />

l’agitato mio cor.Qui volge il piede<br />

Elisabetta; al suo real decoro<br />

di pretesto è la caccia.<br />

Tu la vedrai… Ove ti mostri a lei<br />

inchinevol, sommessa…<br />

MARIA<br />

inchinevol, sommessa…Io no.<br />

LEICESTER<br />

inchinevol, sommessa…Io no.Lo dei. XXXIII<br />

MARIA<br />

XXXIV Ah no! Giammai discendere 22<br />

a tal viltà potrei.<br />

LEICESTER<br />

Se m’ami… ah! tu lo dei.<br />

MARIA<br />

Lo deggio?<br />

LEICESTER<br />

Lo deggio?Il vuole amor.<br />

GAETANO DONIZETTI<br />

segue nota 21<br />

re l’amato, dall’altro conferisce una carica cinetica alla scena, dando peso all’ingresso di Leicester. Quando Roberto<br />

annuncia l’arrivo di Elisabetta, tutto si blocca su lunghi accordi degli archi sostenuti dal pedale inferiore di<br />

tonica. <strong>La</strong> <strong>Stuarda</strong> si deve mostrare «a lei sommessa», e ripete queste parole quasi incredula su un salto discendente<br />

di ottava sottolineato dal minaccioso accordo di settima diminuita in fortissimo di fagotti, corni e tromboni.<br />

Oltre a quella appena esaminata, la partitura manoscritta riporta un’altra intonazione <strong>musica</strong>le di questo recitativo<br />

con varianti testuali ulteriori, probabilmente precedente. Qui il dialogo è semplicemente punteggiato dagli<br />

accordi degli archi, che propongono un tremolo quando Leicester parla di Elisabetta, gettando un velo d’inquietudine<br />

sulla felicità degli amanti che si sono ritrovati.<br />

XXXIV Nella stesura originaria della <strong>Stuarda</strong> si passava dalla cavatina di <strong>Maria</strong> direttamente al finale centrale. Trasformando<br />

l’opera nel Buondelmonte, <strong>Donizetti</strong> decise di sostituire il duetto n. 3 (I.5) tra Leicester ed Elisabetta<br />

(Buondelmonte e Irene nel rifacimento) con un nuovo duetto (in realtà la <strong>musica</strong> risaliva a una ripresa di Fausta<br />

a Venezia, nel 1833); quando tornò su <strong>Maria</strong> <strong>Stuarda</strong> per Milano ripristinò il duetto originale tra Elisabetta e Leicester,<br />

affidando il brano introdotto in Buondelmonte a <strong>Maria</strong> e Leicester come n. 5 e posponendolo alla cavatina<br />

della primadonna. <strong>Donizetti</strong> fece sostituire le parole che compaiono nel Buondelmonte e inserì l’autografo del<br />

pezzo (ma coi nuovi versi trascritti da un copista) nella partitura della <strong>Stuarda</strong> (i numeri riportati in esponente si<br />

riferiscono alla guida): MARIA / Oh ciel! Che ascolto? Ah! Toglimi 22 / a vista sì funesta. / LEICESTER / Se m’ami, deh!<br />

t’arresta. / MARIA E deggio? LEICESTER E dei sperar. // MARIA / Da tutti abbandonata 23 / in preda a rio dolore, / oppressa,<br />

desolata / qual mai speranza ha il core? / Fui condannata al pianto / e a sempre sospirar: // l’affetto tuo soltanto<br />

/ può i mali miei calmar. // LEICESTER / No, diffidar non dei, / ell’è più grande in soglio: / restava il cor di lei<br />

/ commosso dal tuo foglio. / E su quel ciglio io vidi / la lagrima spuntar. // Se m’odi e in me t’affidi / tutto vedrai<br />

cangiar. // MARIA (con sarcasmo) / Del suo cor convinta io sono! 24 / LEICESTER / Pur pietà vi alberga spesso. / MA-<br />

RIA / Non per chi le adombra il trono! / LEICESTER / No, tu dici? E allora io stesso / s’ella è sorda ai prieghi tuoi /<br />

io vendetta ne farò. // MARIA / Che favelli? Che far puoi? / Per me esporti, ah! ch’io nol vo’. // Se il mio cor tremò<br />

giammai 25 / della morte al fiero aspetto, / non far sì che sia costretto / a tremare pe’ tuoi dì. // Solo io volli, e sol<br />

cercai, / di vederti e fido e grato; / per te spero che il mio stato / non sia misero così. // LEICESTER / Sì: la fé, l’onor<br />

ne impegno; / e il mio cor che t’ama il giura. / Sorgerai dalla sventura / che ogni gloria ti rapì. // E se allor non ti<br />

offro un regno / né la destra di un sovrano, / potrò offrirti almen la mano / che le tue prigioni aprì». MS1836 è<br />

l’unica fonte <strong>musica</strong>le che riporta i versi stampati nel libretto milanese.<br />

22 n. 5. «Duetto Leicester e <strong>Maria</strong>» (Allegro – , ). Questo duetto ha scatenato un dibattito tra i commentatori<br />

sull’opportunità o meno di eseguirlo e sulla sua funzionalità drammatica. <strong>Donizetti</strong> lascia aperta la questione: in<br />

una lettera che risale a un paio d’anni dopo la ‘prima’, suggerisce di ometterlo (ma propone di non eseguire anche<br />

altri numeri). Il brano ha certo una sua importanza se consideriamo che si tratta del duetto d’amore, unico incontro<br />

concesso in solitudine al tenore e al soprano, e che <strong>Maria</strong> non aveva fatto alcun cenno ai sentimenti per<br />

Leicester nella sua cavatina. Bisogna comunque valutarne la portata drammatica nel contesto dell’opera. Il testo<br />

così come compare nella fonte <strong>musica</strong>le non è di pugno di <strong>Donizetti</strong>, e il libretto della première riporta versi ancora<br />

differenti. Ben più importante è però l’aspetto <strong>musica</strong>le. Il compositore lo introdusse da un lato per il successo<br />

che aveva riscosso nel Buondelmonte, dall’altro per assicurare la presenza di una situazione topica per il me-

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