HEARTLINE HSM Genoa Cardiology Meeting - Aristea
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Infarto Miocardico Acuto Esteso:<br />
c’è bisogno di nuove terapie?<br />
Stefano De Servi<br />
Dipartimento Cardiovascolare, Azienda Ospedaliera Ospedale Civile di Legnano<br />
La riperfusione dell’infarto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) con angioplastica<br />
primaria (PPCI ) rappresenta la modalità più ampiamente utilizzata sia in Europa che in Italia.<br />
L’utilizzo di agenti brinolitici ha insegnato che il tempo è una variabile molto importante:<br />
più precoce l’intervento farmacologico infatti e più ridotta risulta l’area infartuale<br />
nale, essendo quindi migliore l’esito della terapia. Anche per quanto riguarda la PPCI vale<br />
sostanzialmente lo stesso principio, sintetizzato dallo slogan “the earlier the better”. Tuttavia<br />
esistono segnalazioni della letteratura che mostrano come l’esito di PPCI tardive ottengano<br />
risultati clinici superiori rispetto a quelli ottenuti con la brinolisi. Infatti il vantaggio<br />
offerto dalla riperfusione meccanica in termini prognostici sulla trombolisi si amplica a<br />
mano a mano che il tempo di ischemia si allunga. Dati del gruppo di Monaco inoltre evidenziano<br />
come l’area di miocardio salvato dalla PPCI possa essere molto ampia, anche se<br />
la riperfusione meccanica viene effettuata alcune ore dopo l’insorgenza dei sintomi.<br />
L’estensione nale dell’area necrotica è quella che determina l’entità della disfunzione ventricolare<br />
sinistra ed in ultima analisi la prognosi a distanza del singolo paziente. E’ evidente<br />
che più estesa è l’area a rischio, maggiore deve essere il salvataggio di miocardio ottenuto<br />
dalla tecnica riperfusiva . In questa ottica, la tempestività dell’intervento può giocare un<br />
ruolo rilevante.<br />
In questa presentazione abbiamo voluto vericare l’interrelazione tra ampiezza dell’area a<br />
rischio, ritardo riperfusivo e mortalità a 0 giorni in pazienti con STEMI inclusi nel registro<br />
LOMBARDIMA, che ha arruolato 901 pazienti che negli anni 200 e 2006 sono stati trattati<br />
con PPCI.<br />
Un tempo di ischemia inferiore ai 180’ ( gruppo 1 ) e’ stato osservato nel 0% dei pazienti,<br />
mentre il 60% aveva un ritardo superiore a 180’ ( gruppo 2 ) . I due gruppi differivano per<br />
età, prevalenza di sesso femminile e diabete, tutte caratteristiche più frequenti nel gruppo<br />
2. I pazienti con accesso tardivo inoltre si presentavano direttamente all’ospedale o, più frequentemente,<br />
si recavano presso centri spoke. Globalmente i pazienti del gruppo 2 avevano<br />
un TIMI Risk Index più elevato rispetto ai pazienti del gruppo 1 e una minore<br />
riperfusione efcace (valutata come percentuale di riduzione del sopraslivellamento del<br />
tratto ST dopo PPCI ).<br />
La mortalità a 0 gg era signicativamente maggiore nel gruppo 2 (6%) che nel gruppo 1<br />
( .1%). Particolarmente elevata risultava la mortalità nei pazienti con infarto anteriore (7.6%<br />
nel gruppo 2 vs . % nel gruppo 1), ma sussisteva differenza di mortalità anche nei pazienti<br />
con infarto a sede non anteriore ( .7% vs 2%). Particolarmente ampia risultava la dif-