Imp. Di Guardo
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EPILOGO<br />
“La storia dà torto e dà ragione”<br />
Francesco De Gregori<br />
È la caduta degli Dei. Il 18 maggio del ’93, alle prime luci<br />
dell’alba in un casolare di Granieri, nelle campagne del Calatino,<br />
gli uomini del servizio centrale operativo arrestarono Nitto<br />
Santapaola. “Doveva finire, prima o poi tutto finisce…” mormorò<br />
il potente boss di Cosa Nostra ai poliziotti che chiusero<br />
per sempre la sua carriera di superlatitante. Prima di lui era finita<br />
la grande fuga di Totò Riina. “U Curtu” venne catturato dai carabinieri<br />
del Ros, guidati sulle sue tracce da Balduccio <strong>Di</strong> Maggio,<br />
uno dei suoi fedelissimi passato nella grande schiera dei pentiti.<br />
“Tutto finisce…”. E finì anche la grande fuga di Pippo<br />
Pulvirenti, “U Malpassotu”, il potente boss che controllava gran<br />
parte dei comuni della fascia pedemontana dell’Etna. Un capo<br />
senza più il suo esercito, smantellato nel corso di un’operazione<br />
di polizia durata 8 mesi e nata dalla confessione di ben tre<br />
pentiti. Una brutta chiusura la sua. Stanato dai carabinieri in un<br />
minuscolo bunker scavato nel sottosuolo di un podere alla periferia<br />
di Belpasso. Un largo rettangolo di terreno coltivato ad<br />
ulivi e fichi d’India, che veniva controllato a vista da un paio<br />
di vigilantes della “Vigilnot Trinacria”, la stessa società alla<br />
quale l’assessore Giuseppe Zappalà aveva affidato, pagando<br />
un milione al giorno, la sorveglianza degli edifici scolastici di<br />
Misterbianco, devastati dagli assalti di misteriosi vandali.<br />
“U liuni di Malpassu” arrivò perfino a perdere la faccia,<br />
mostrandosi davanti alle telecamere mentre cercava goffamente<br />
di nascondersi il volto con un piccolo cappellino.<br />
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