Imp. Di Guardo

CU MI DUNA PANI, U CHIAMU PATRI
“Un paese senza anima”. Così impietosamente Valeska Von
Roques – corrispondente per l’Italia del settimanale tedesco
Der Spiegel – avrebbe definito Misterbianco.
Era venuta in Sicilia per un servizio sull’assassinio di Paolo Arena
e sui rapporti mafia-politica nei comuni sciolti per infiltrazioni
mafiose. Mi aveva chiesto di accompagnarla in giro per il paese
perché voleva scattare alcune foto per il suo giornale. Rimase colpita
da quell’ammasso di cemento riversato senza criterio.
Lo scempio edilizio di Misterbianco, più delle parole, dei
messaggi e delle storie, raccontava al visitatore quale “cultura”
aveva governato questo paese. Una “cultura” selvaggia e individualistica,
intrisa di indifferenza al bene comune, alla quale, per
lunghi anni, tutti, politici e società civile, si erano uniformati.
Gran parte delle testimonianze del passato sono scomparse,
inghiottite, sin dall’inizio degli anni ’70, da una valanga di cemento.
La chiesetta e il parco con i suoi alberi secolari di pertinenza
della villa del duca di Misterbianco; la splendida villa Miano;
palazzo Zico, in piazza Dante, sono le vittime più illustri.
Misterbianco, oggi, conta oltre quindicimila costruzioni
abusive. Accanto al vecchio centro urbano, a partire dagli anni
Sessanta, cresceva, senza alcun criterio e senza alcuna logica
urbanistica, un nuovo paese.
Le zone abusive si estendono ad est e a nord est del centro
storico. In origine il valore della aree sciarose non doveva essere
certo molto elevato 8 . Quando il duca di Misterbianco ven-
8 Giuseppe Sciacca, Catania. La crescita metropolitana abusiva. Tesi di
laurea alla Facoltà di Architettura dell’Università di Venezia, 1984.
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