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Imp. Di Guardo

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normale crisi politica, da gestire attraverso lo scioglimento ordinario<br />

ed il commissario regionale, era fallita.<br />

I politici del vecchio comitato d’affari cercarono allora di<br />

chiudere il discorso alzando la barriera della difesa campanilistica.<br />

Poco ci mancò che non si formassero, com’era avvenuto<br />

anni prima a Catania, i “comitati per la difesa del buon nome<br />

della città”. Il decreto di sospensione diventava, per loro, un<br />

atto d’infamia gettato su tutto il paese, un’ultima vergogna per<br />

i suoi abitanti, additati da un “untore” come mafiosi<br />

irrecuperabili.<br />

Eppure il decreto firmato dal prefetto diceva cose assai diverse,<br />

parole che dovevano dare forza alle persone oneste e<br />

pulite. Il buon nome di Misterbianco non veniva intaccato per<br />

nulla, semmai erano alcuni politici che non facevano proprio<br />

una bella figura. “L’avvio della procedura per lo scioglimento<br />

del consiglio comunale – scriveva il prefetto – consegue all’emergere<br />

di elementi ed indizi sui collegamenti di amministratori<br />

del comune di Misterbianco con la criminalità organizzata<br />

e su condizionamenti verso gli amministratori medesimi<br />

che compromettono il buon andamento dell’attività amministrativa…”<br />

Solo alcuni amministratori, solo i padroni della<br />

politica, dunque. Il resto dei cittadini era la vittima di questo<br />

sistema perverso, governato dalla mafia e dalla corruzione<br />

amministrativa.<br />

Il decreto passava poi ad analizzare punto per punto il sistema<br />

di dominio mafioso a Misterbianco. “La presenza sul territorio<br />

di Misterbianco di agguerrite organizzazioni mafiose che<br />

vi hanno consolidato il proprio predominio e che controllano<br />

ormai i principali settori economici e produttivi della vasta area<br />

industriale e commerciale del comune; la forza intimidatoria<br />

esercitata in quel Centro, in particolare dal potente gruppo criminale<br />

capeggiato da Giuseppe Pulvirenti, coinvolto anche<br />

nell’operazione di polizia del 19 giugno 1991, relativa ai brogli<br />

elettorali…”<br />

Secondo il prefetto il condizionamento della mafia passava<br />

anche attraverso alcuni delitti eccellenti come quello del geo-<br />

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