Imp. Di Guardo

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no Pietro Saitta decide di spiegare anche altri episodi… La mattina dell’8 ottobre ero in ritardo. Per le 9,00 era stata fissata la riunione del consiglio. La prima, dopo la seduta di commemorazione della morte di Paolo Arena. Davanti al municipio trovai una gran folla. Qualcuno aveva posteggiato un’auto proprio sotto il palazzo. Tutti avevano pensato ad un’autobomba e i carabinieri, a scanso di equivoci, avevano bloccato l’ingresso in attesa degli artificieri. La tensione, però, tra i consiglieri comunali, che formavano diversi capannelli in piazza Giovanni XXIII, non era legata soltanto alla presenza di quella misteriosa automobile. Non appena arrivai un consigliere mi sventolò sotto il naso la copia de “l’Unità”. Avevo comprato i giornali uscendo di casa, ma non avevo ancora avuto neppure il tempo di guardare i titoli in prima pagina. “Ci sono novità… novità incredibili” – mi disse – “sui giornali nazionali ci sono le dichiarazioni di Saitta”. Era vero. Un titolo in prima pagina e poi un grosso articolo all’interno non lasciavano dubbi. “Rivelazioni di un pentito ferme da due anni… Vi racconto i rapporti tra Arena e i boss”. Le dichiarazioni di Saitta gettavano una luce inquietante sulla figura di Paolo Arena. Secondo il pentito, Arena era addirittura uomo vicino al capomafia Giuseppe Pulvirenti, uno dei principali esponenti di Cosa Nostra della provincia di Catania. Lessi l’articolo tutto d’un fiato. “Sono in grado di riferire su una vicenda che riguarda il comune di Misterbianco nella quale ha avuto una parte determinante Mario Nicotra” – diceva Saitta – “si tratta dell’acquisto, da parte del comune, del pozzo dell’acqua che rifornisce tutto il paese… I fatti mi sono stati riferiti da Nicotra in persona, il quale mi disse che aveva guadagnato un miliardo e mezzo per questa intermediazione e che aveva dovuto minacciare pesantemente Paolo Arena, il quale poneva ostacoli alla realizzazione di questo progetto, nonostante avesse dato assicurazioni in senso positivo”. “Paolo Arena è il vero padrone politico di Misterbianco – continuava il pentito – semplice segretario della Dc è miliardario, possiede una villa a 26
Giardini Naxos e una a Montecatini del valore di almeno mezzo miliardo”. Le confessioni del pentito spiegavano anche come il Nicotra avesse investito quel denaro. Insieme ad altri soci avrebbe acquistato e demolito il convento del Sacro Cuore per realizzare, in pieno centro storico, un palazzo di quattro piani. “Anche questa iniziativa Nicotra l’ha potuta realizzare per l’intervento di Paolo Arena che non credo risulti ufficialmente tra i soci dell’affare. Questa società ha ottenuto l’autorizzazione dal comune in tempi brevissimi. Il precedente proprietario non era riuscito ad ottenere per più di tre anni quell’autorizzazione che i successivi acquirenti hanno ottenuto in 24 ore”. L’ultima parte delle dichiarazioni di Pietro Saitta era agghiacciante. “Arena, che è uomo molto vicino al Malpassotu, per voce popolare, dopo le minacce di Mario ‘u tuppu ha trovato un accordo con Nicotra che si sarebbe evidenziato con l’acquisto e la costruzione di cui abbiamo parlato. Secondo il mio punto di vista, a tali fatti va fatta risalire la causa della morte di Nicotra, poiché il Malpassotu seguiva con molta attenzione la situazione e non poteva certo tollerare che Nicotra si arricchisse minacciando le persone a lui vicine”. E ancora: “Per i suoi molteplici traffici Arena si creava molte inimicizie e aveva quindi molto spesso bisogno di protezione. Arena non si era mai rivolto a Mario Nicotra o a qualcuno del suo gruppo… mi consta invece, per averlo constatato personalmente più volte, che esisteva ed esiste una solida amicizia tra Arena e il macellaio Carmelo Caruso… Questi mi confidò di essere compare proprio del malpassotu…” Saitta spiegava che a suo giudizio Paolo Arena, nel momento in cui avvertiva pericoli per la sua persona chiedeva protezione agli uomini del capomafia Pulvirenti. “Ciò posso dirlo – diceva il pentito – poiché in alcune occasioni l’ho visto circolare a piedi per il paese ed una volta l’ho incontrato pure a Catania in corso Sicilia insieme a persone che per il modo in cui lo accompagnavano non davano l’impressione di essere amici, ma piuttosto guardie del corpo”. Nell’articolo veniva riportato anche un altro episodio. Ri- 27
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