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Imp. Di Guardo

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ha fatto <strong>Di</strong> <strong>Guardo</strong> a non denunciare tempestivamente i reati<br />

di cui era a conoscenza; male fa adesso ad infierire solo e<br />

soltanto – almeno pubblicamente – su chi non può più difendersi.<br />

Questo suo fare, mi ricorda tanto Maramaldo che uccise<br />

eroicamente… un uomo morto!”<br />

Parole durissime. Alle quali in paese non rispose nessuno.<br />

Tacque la società civile, tacquero i miei compagni del Pds, tacque<br />

la Rete, Rifondazione comunista e il Msi. Tutte le forze<br />

d’opposizione, di fronte alla virulenza di quelle accuse, sembravano<br />

colti da un’improvvisa timidezza, per non dire altro.<br />

Solo mio fratello Giuseppe, con una lettera a “La Sicilia”<br />

ruppe il silenzio: “(…) <strong>Di</strong>ssento da questa impostazione. Paolo<br />

Arena non era un uomo qualunque, era un uomo pubblico…,<br />

forse il politico più potente di Misterbianco e ha segnato profondamente,<br />

nel bene e nel male, le vicende della nostra comunità<br />

negli ultimi anni. Paolo Arena non è morto in un<br />

incidente stradale: è stato invece ferocemente ucciso in<br />

un’azione di guerriglia davanti al municipio. Dobbiamo chiederci<br />

ora, senza attendere una risposta chissà quanto lontana<br />

dalle autorità, perché tali orrendi fatti accadono, qual è il brodo<br />

di coltura che li genera. Ricercare questi motivi non è disturbare<br />

il dolore dei familiari, ma è il dovere e l’esigenza di<br />

una comunità che deve liberarsi dall’incubo di vedere morti<br />

per le strade (Quanti ne abbiamo visti in questi anni!). (…)<br />

Meraviglia che intellettuali stimati, che dovrebbero avere occhi<br />

più penetranti, non abbiano colto l’essenza di un evento<br />

così straordinario. Che tristezza dovere constatare che le polemiche<br />

di questi giorni provochino al mio collega Beppe soltanto<br />

irritazione e diffidenza; quella diffidenza che non fa cogliere<br />

il tormento di chi, sacrificando qualcosa di sé, si macera<br />

nel tentativo di capire e denunciare quello che noi tutti dovremmo<br />

capire e denunciare”.<br />

In quei giorni mi trovai solo. Solo a scontrarmi con la cultura<br />

dominante, intrisa di egoismo e di individualismo: amara<br />

eredità del mondo contadino siciliano. Mi veniva rimproverato<br />

di occuparmi di affari che non mi riguardavano.<br />

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