Imp. Di Guardo

IL ROGO DI PADRE MAZZAGLIA
“… Il prete siciliano, spesso ignorante e anche peggio, voglio
dire gaudente, affarista e privo di scrupoli. È il prete di
una società nella quale, perché una famiglia povera scavasse i
gradini del prestigio sociale, bisognava che uno dei figli accettasse
di indossare la tonaca. Incaricato di migliorare le condizioni
sociali del parentado, compiva studi sommari in nome di
tutta la famiglia, rassegnandosi a diffondere la parola di Cristo
anche se non ne aveva la minima vocazione. Questo prete,
mandato a dieci anni in seminario, non ignorava di dover riscattare
i suoi e rivelava un’insaziabile avidità per i beni di
questo mondo. Entrava a fa parte di una corporazione piuttosto
numerosa e protetta, che per di più godeva di una serie di immunità…”
Il passo di Leonardo Sciascia sembra descrivere il
ritratto di padre Mazzaglia, un vecchio sacerdote di Misterbianco,
protagonista di una singolare vicenda.
Già in paese la pubblicazione della mia intervista a Bocca
aveva suscitato un vespaio di polemiche. Il giorno della festa
dell’Epifania padre Mazzaglia celebrò la ricorrenza nella chiesetta
di Santa Maria degli Ammalati, una piccola cappella sopravvissuta
miracolosamente alla disastrosa eruzione del 1669.
Nel corso della cerimonia, dopo un’omelia infuocata, il prete
decise di passare alle vie di fatto. Si fece portare un braciere di
bronzo, colmo di carboni ardenti e vi gettò dentro la diabolica
copia de “la Repubblica”. I motivi li aveva spiegati pochi istanti
prima nella sua omelia. “Quest’anno un soffio diabolico ha
dato un senso di oppressione, di umiliazione a tutti noi, a tutto
il nostro paese… il Presidente della Repubblica con un decreto
ha coperto di una coltre oscura Misterbianco, ma coloro
che lo hanno indotto a farlo hanno più colpa di chi ha firma-
91