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secolo. E’ una definizione che sottolinea i prof<strong>il</strong>i<br />

non solo economici, ma anche sociali dei DI. Per<br />

Becattini i DI sono soprattutto delle comunità<br />

locali, già piuttosto caratterizzate, in cui l’emergere<br />

di alcune produzioni manifatturiere di eccellenza<br />

finisce con <strong>il</strong> rafforzare lo spirito d’identità dei<br />

propri abitanti ed <strong>il</strong> loro attaccamento al territorio<br />

in cui vivono.<br />

Le produzioni industriali distrettuali traggono<br />

origine in molti casi da radicate tradizioni<br />

artigiane, ma non sempre. A volte i distretti si<br />

sv<strong>il</strong>uppano storicamente grazie all’accumulazione<br />

di capitale di alcune aree agricole dotate anche di<br />

abbondante disponib<strong>il</strong>ità di manodopera che trova<br />

poi uno sbocco occupazionale significativo nelle<br />

nuove attività manifatturiere emergenti.<br />

Gli imprenditori dei DI sono particolarmente<br />

orgogliosi del successo delle loro aziende e di<br />

quello del loro territorio, a cui tutti sono<br />

consapevoli di aver contribuito, in modo più o<br />

meno determinante: anche le imprese più piccole e<br />

quelle dell’indotto si sentono partecipi di tale<br />

successo. All’interno del “Distretto” essere un<br />

imprenditore capace conta ancor più che in altri<br />

contesti e lo “status” di imprenditore nel settore<br />

industriale d’elezione del “Distretto” rappresenta<br />

un obiettivo ampiamente condiviso e perseguito: <strong>il</strong><br />

che genera una spinta motivazionale assai forte<br />

per la crescita individuale dei membri della<br />

comunità. Fondamentale è lo slancio<br />

imprenditoriale delle popolazioni e la loro volontà<br />

di affermarsi nel campo della produzione 5 .<br />

Nei DI italiani si respira una spiccata “atmosfera<br />

industriale” di marshalliana memoria 6 . Vi operano<br />

prevalentemente PMI, ma spesso emergono anche<br />

alcune imprese leader di maggiori dimensioni,<br />

come è avvenuto, ad esempio, nel distretto<br />

bellunese dell’occhialeria, ma anche altrove. Da<br />

queste imprese leader frequentemente nascono<br />

nuove imprese, attraverso un processo definito di<br />

“gemmazione”, allorché alcuni dipendenti lasciano<br />

l’azienda di origine per avviare in proprio nuove<br />

5 Scrive in proposito Becattini: “Angolini nascosti come Tolentino,<br />

luoghi impervi come Frosolone e quasi sperduti come Lumezzane e<br />

Castel Goffredo, talvolta comunità chiuse, ben lontane dall’influenza<br />

delle grandi città, hanno dato luogo – a dispetto delle geometrie del<br />

capitale e persino della morfologia del territorio – a episodi<br />

significativi d’industrializzazione dal basso. Gli animal spirits delle<br />

popolazioni sono stati quasi sempre, direi, <strong>il</strong> fattore decisivo”.<br />

6 Come ci ricorda Becattini, Alfred Marshall fu <strong>il</strong> primo ad ipotizzare a<br />

cavallo del 1870 che tra i modi di produzione efficienti potesse<br />

esservi, oltre a quello della grande impresa verticalmente integrata,<br />

anche la concentrazione in una data località di molte piccole<br />

fabbriche specializzate nelle diverse fasi di un unico processo<br />

produttivo.<br />

ITALIA –Geografie del nuovo made in Italy ‐ 54<br />

iniziative imprenditoriali. Nei DI, in effetti, tanti<br />

tecnici ed ex operai diventano imprenditori.<br />

Inoltre, la manodopera è altamente specializzata.<br />

La comunità locale accumula nei “mestieri” di<br />

eccellenza un know‐how (o “sapere contestuale”)<br />

sempre più importante e caratterizzante la<br />

comunità stessa.<br />

Un altro aspetto peculiare dei DI è la combinazione<br />

tra competizione e collaborazione tra le imprese.<br />

All’interno del “Distretto” la competizione tra le<br />

imprese è assai forte e seleziona le aziende migliori<br />

e più efficienti. Ma, nello stesso tempo, le imprese<br />

dei DI spesso collaborano tra di loro e con le<br />

istituzioni locali (un altro classico esempio di<br />

sussidiarietà “orizzontale”) a progetti comuni<br />

come iniziative per la promozione all’estero dei<br />

prodotti del “Distretto”, consorzi per gestire i<br />

problemi ambientali, informatici o l’acquisto di<br />

energia elettrica, ecc.<br />

Sul piano storico, nell’esperienza italiana i DI<br />

rappresentano la risposta “spontanea” di un<br />

sistema economico periferico ricco di grandi<br />

potenzialità ma sostanzialmente ignorato da una<br />

politica industriale centralista e dirigista, per<br />

decenni sb<strong>il</strong>anciata verso i settori “protetti”<br />

dell’industria di Stato, mentre si assisteva in<br />

parallelo ad un declino delle grandi aziende delle<br />

famiglie storiche del capitalismo italiano. Così, <strong>il</strong><br />

capitalismo delle PMI distrettuali ha individuato un<br />

sentiero di sv<strong>il</strong>uppo autonomo, scegliendo la via<br />

della modernizzazione delle industrie leggere e<br />

delle nicchie manifatturiere; si è abituato a<br />

lavorare senza “protezioni” od “aiuti” e sin dagli<br />

anni ’60 ha priv<strong>il</strong>egiato come suo principale<br />

riferimento <strong>il</strong> mercato mondiale, mentre la grande<br />

impresa continuava ad operare essenzialmente sul<br />

mercato interno in condizioni spesso<br />

monopolistiche o quasi‐monopolistiche.<br />

Quella dei mercati esteri è stata una palestra<br />

fondamentale in cui i DI e le PMI hanno irrobustito<br />

la loro capacità competitiva. Comincia proprio<br />

nella seconda metà degli anni ‘60 la crescita<br />

impetuosa, durata sino ad oggi, dell’export dei<br />

settori del “made in Italy” e i DI sono diventati<br />

presto, nei loro comparti di specializzazione, delle<br />

realtà leader a livello mondiale ed uno<br />

straordinario punto di forza dell’economia italiana.<br />

Di fatto, i DI italiani hanno saputo conquistare nei<br />

propri settori di attività quote di mercato mondiale<br />

analoghe, se non superiori, a quelle detenute in<br />

altri settori dai più grandi gruppi multinazionali<br />

stranieri. Si pensi, per fare alcuni esempi (e<br />

prescindendo dai problemi contingenti generati

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