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d’intervento. Tuttavia i dati degli ultimi anni<br />

rivelano uno sv<strong>il</strong>uppo ampio e costante per oltre<br />

un quindicennio e parlano di un Terzo Settore<br />

ormai diffuso e radicato anche nelle regioni<br />

meridionali.<br />

Misurare <strong>il</strong> Terzo Settore rimane però un compito<br />

arduo e di diffic<strong>il</strong>e soluzione: <strong>il</strong> quadro appare<br />

incerto già dal punto di vista definitorio e tutt’altro<br />

che omogeneo nel pensiero accademico. In questo<br />

sforzo non è neppure decisivo <strong>il</strong> ricorso al quadro<br />

normativo vigente che, improntato nello scorso<br />

decennio per lo più su norme di settore che<br />

riproducono la tradizionale distinzione per<br />

“famiglie” (volontariato, cooperazione,<br />

associazionismo di promozione sociale, sportivo,<br />

ecc.) ha poi imboccato la via di classificazioni nuove<br />

(onlus, impresa sociale) basate su distinzioni di<br />

carattere “orizzontale” accessib<strong>il</strong>i<br />

indifferentemente dalle forme giuridiche di<br />

partenza. Spiccano fra queste in particolare la<br />

definizione dei settori d’intervento presenti sia<br />

nella normativa per le onlus che in quella recente<br />

per le imprese sociali o ancora la valutazione delle<br />

condizioni di disagio dei beneficiari dei servizi svolti<br />

dalle organizzazioni del Terzo Settore che<br />

determinano o meno <strong>il</strong> riconoscimento di ut<strong>il</strong>ità<br />

sociale dell’attività svolta.<br />

La difficoltà di misurare <strong>il</strong> Terzo Settore è evidente<br />

sotto tutti i punti di vista. A conferma di ciò spicca<br />

la parzialità delle ricerche (di territorio, di<br />

campione, di settore) che periodicamente vengono<br />

presentate. E’ preoccupante in questo quadro la<br />

persistente assenza di certezza sulla miriade di<br />

registri ufficiali sisno essi nazionali, regionali o<br />

locali, così come l’anzianità dei dati dell’ultima<br />

r<strong>il</strong>evazione ISTAT (2003‐2005) che costituisce ad<br />

oggi ancora l’unica fonte ufficiale ma soffre della<br />

grave limitazione di non aver potuto raggiungere<br />

l’ampia platea dei soggetti non iscritti ad alcun<br />

registro; mostrando perciò un limite evidente<br />

soprattutto nella registrazione dell’estrema<br />

dinamicità della vita e dei modelli organizzativi,<br />

vitalità che ha sempre precorso sia la<br />

sistematizzazione accademica che le successive<br />

formule giuridiche interpretative delle<br />

organizzazioni del Terzo Settore.<br />

Come misurare dunque <strong>il</strong> Terzo Settore? I numeri<br />

(vecchi) e le stime (parziali) sono una base di<br />

partenza imprescindib<strong>il</strong>e; tuttavia la lettura del<br />

settore va ancora ricavata con metodo induttivo<br />

leggendo trasversalmente <strong>il</strong> fenomeno nella sua<br />

evoluzione recente. Gli spunti di interesse e di<br />

riflessione non vengono certo a mancare.<br />

ITALIA –Geografie del nuovo made in Italy ‐ 74<br />

4.5.1. Diffusione geografica del non‐<br />

profit e caratteristiche specifiche dei<br />

territori<br />

Nel 1999 l’ISTAT classificava oltre 221m<strong>il</strong>a<br />

organizzazioni non profit con più di 4 m<strong>il</strong>ioni di<br />

addetti di cui l’80% volontari. L’ammontare delle<br />

risorse in entrata era pari a circa 38 m<strong>il</strong>iardi di<br />

euro.<br />

Questo enorme numero di organizzazioni appariva<br />

dieci anni fa fortemente squ<strong>il</strong>ibrato in termini<br />

geografici: nel nord infatti erano presenti oltre la<br />

metà delle organizzazioni censite, mentre solo <strong>il</strong><br />

21% erano al Centro e quasi <strong>il</strong> 28% al Sud. In<br />

questo quadro la predominanza della forma<br />

“associazione” è schiacciante: oltre <strong>il</strong> 90% (200<br />

m<strong>il</strong>a) opera con tale modello organizzativo.<br />

Le ricerche successive dell’ISTAT purtroppo non<br />

accorpano più l’intero universo delle organizzazioni<br />

non profit ma, affidandosi ai registri ufficiali,<br />

leggono <strong>il</strong> Terzo Settore per “famiglie”: le<br />

associazioni di volontariato, le cooperative sociali,<br />

le fondazioni. Vengono quindi censite, peraltro in<br />

anni non omogenei, “solo” 33.100 organizzazioni<br />

sulle oltre 220m<strong>il</strong>a registrate 5 anni prima! Se<br />

prendiamo ad esempio l’evoluzione dei settori<br />

censiti nel corso degli ultimi anni abbiamo <strong>il</strong> quadro<br />

di quanto sia carente la capacità di lettura del<br />

Terzo Settore a partire dai dati ufficiali a nostra<br />

disposizione: <strong>il</strong> volontariato nel 1999 contava<br />

15m<strong>il</strong>a organizzazioni iscritte ai registri, nel 2003<br />

erano 21m<strong>il</strong>a con un tasso di crescita nel<br />

quadriennio del 40%! Stessa osservazione per le<br />

cooperative sociali passate da 5.500 nel 2001 a<br />

7.300 nel 2005 con un tasso di crescita del 33,5%.<br />

Ma <strong>il</strong> vero boom sembra rappresentato dalle<br />

fondazioni: poco più di 3000 nel 1999 ad oltre<br />

4.700 nel 2005 (incremento quasi del 60%).<br />

Questi dati appaiono ancora più impressionanti se,<br />

alla luce del Censimento Istat del 1999, leggiamo<br />

che complessivamente fra le organizzazioni non<br />

profit allora esistenti quelle nate prima del 1991<br />

erano poco meno di 100 m<strong>il</strong>a: oltre <strong>il</strong> 65% delle<br />

organizzazioni risultava nato in soli 9 anni! Il dato<br />

non è di poco conto se consideriamo che <strong>il</strong> 1991<br />

costituì davvero <strong>il</strong> “giro di boa” per <strong>il</strong> Terzo Settore<br />

poiché furono emanate le prime due normative<br />

specifiche per <strong>il</strong> volontariato e la cooperazione<br />

sociale. Con queste due leggi infatti si aprì la<br />

stagione del riconoscimento e della promozione<br />

delle organizzazioni non profit nel nostro<br />

ordinamento giuridico. Se a questi dati poi<br />

sovrapponiamo, per <strong>il</strong> decennio in corso, i trend di

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