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dalla crisi mondiale attualmente in corso) ai casi di<br />

alcuni grandi distretti, come quello em<strong>il</strong>iano delle<br />

piastrelle, quelli tess<strong>il</strong>i di Prato, Como, Biella, Castel<br />

Goffredo e Busto Arsizio, quelli novarese e<br />

bresciano della rubinetteria, quelli orafi di Vicenza<br />

e Arezzo, quelli della concia di Arzignano e Santa<br />

Croce, quelli calzaturieri delle Marche e del<br />

Veneto, quelli mob<strong>il</strong>ieri della Brianza e del<br />

Triveneto o quelli delle sedie e dei divani,<br />

rispettivamente, di Manzano e Altamura‐Matera<br />

(questi ultimi due però da alcuni anni in gravi<br />

difficoltà di riposizionamento competitivo). Oppure<br />

ai casi di distretti leader in settori di nicchia, come<br />

quello vicentino delle selle per bicicletta, quello<br />

vigevanese delle macchine per l’industria delle pelli<br />

e delle calzature o quello delle cappe aspiranti per<br />

le cucine di Fabriano. Stiamo parlando di distretti<br />

che detengono nel loro settore di attività quote di<br />

export mondiale assai significative che, a seconda<br />

dei casi, vanno dal 5% al 10‐15% ed anche oltre.<br />

Ma quanti sono oggi i DI in Italia? Non è fac<strong>il</strong>e<br />

rispondere con esattezza a questa domanda e<br />

forse non è nemmeno possib<strong>il</strong>e perché tanti sono<br />

gli schemi di classificazione che si possono<br />

adottare.<br />

Un grosso passo avanti nell’elaborazione di<br />

statistiche ad elevato dettaglio territoriale è stato<br />

compiuto negli ultimi anni dall’Istat, attraverso la<br />

suddivisione del territorio nazionale in Sistemi<br />

Locali del Lavoro (SLL), cioè aree ben delimitate di<br />

comuni geograficamente contigui caratterizzati da<br />

un particolare addensamento dei movimenti<br />

giornalieri della popolazione locale per motivi di<br />

lavoro. Nel 1981 i SLL ufficialmente riconosciuti<br />

erano 955 poi scesi a 784 nel 1991 e a 686 nel<br />

2001. Mediante una particolare metodologia, detta<br />

“algoritmo Sforzi‐Istat”, sono stati poi individuati, a<br />

partire dai 686 SLL del 2001, 156 “SLL‐Distretti<br />

Industriali”, di cui l’Istat fornisce, a partire dai dati<br />

del Censimento 2001, una notevole massa di<br />

informazioni riguardanti variab<strong>il</strong>i come <strong>il</strong> numero di<br />

imprese e di unità locali, <strong>il</strong> numero di addetti, ecc.<br />

Altre fonti che, oltre all’Istat, hanno provveduto ad<br />

elaborare “mappe” dei DI italiani sono: l’ex Club<br />

dei Distretti poi ridenominato Distretti Italiani, “Il<br />

Sole‐24Ore”, <strong>il</strong> CNEL/CERIS‐CNR, la <strong>Fondazione</strong><br />

Edison. Inoltre, va ricordato che anche le Regioni<br />

hanno provveduto, in ossequio ai dettati di Legge,<br />

a riconoscere i loro “Distretti”: ciò allo scopo di<br />

definire le aree distrettuali suscettib<strong>il</strong>i di poter<br />

ricevere particolari finanziamenti, sulla base della<br />

ITALIA –Geografie del nuovo made in Italy ‐ 55<br />

presentazione di precisi progetti di sv<strong>il</strong>uppo 7 .<br />

Infine, va sottolineato che altre importanti ricerche<br />

sui DI, oltre a quelle già citate in precedenza, sono<br />

state svolte dal Centro Studi della Banca d’Italia e<br />

da Mediobanca‐Unioncamere sulle Medie Imprese<br />

“distrettuali” italiane.<br />

Qui ci soffermeremo tuttavia su 2 sole “mappe” di<br />

DI: quella dei 156 “distretti industriali di PMI”<br />

dell’Istat e quella dei principali distretti attivi nei<br />

settori del “made in Italy” elaborata dalla<br />

<strong>Fondazione</strong> Edison.<br />

4.3.1 I Distretti industriali individuati<br />

dall’Istat<br />

I Distretti industriali, spiega l’Istat, corrispondono<br />

per le modalità con le quali sono stati individuati a<br />

Sistemi Locali del Lavoro (SLL) di piccola e media<br />

impresa che hanno natura prevalentemente<br />

manifatturiera. A tale proposito è bene precisare<br />

che per la definizione di piccola e media impresa,<br />

in accordo con la disciplina comunitaria<br />

(Raccomandazione della Commissione europea<br />

2003/361/CE), recepita dal Governo italiano<br />

(Decreto del Ministero delle Attività Produttive 18<br />

apr<strong>il</strong>e 2005), l’Istituto di Statistica ha fatto<br />

riferimento alle unità produttive con meno di 250<br />

addetti. In particolare sono definite piccole<br />

imprese quelle da 1 a 49 addetti e medie imprese<br />

quelle da 50 a 249 addetti.<br />

Tabella 4.1 Alcuni dati di sintesi sui 156 Distretti industriali<br />

manifatturieri Istat di piccola e media impresa: anno 2001<br />

156 Distretti<br />

% sul totale<br />

Indicatori<br />

Unità locali<br />

di tutti i<br />

Istat Totale Italia Italia<br />

settori<br />

Addetti delle<br />

unità locali di<br />

1.180.042 4.755.636 24,8%<br />

tutti i settori<br />

Unità locali<br />

manifatturier<br />

4.929.721 19.410.556 25,4%<br />

e<br />

Addetti<br />

manifatturier<br />

212.410 590.773 36,0%<br />

i<br />

Numero di<br />

1.928.602 4.906.315 39,3%<br />

comuni<br />

Superficie<br />

2.215 8.101 27,3%<br />

(Kmq) 62.113,83 301.328,45 20,6%<br />

Abitanti 12.591.475 56.995.744 22,1%<br />

Fonte: Istat, Censimento 2001 dell'industria e dei servizi<br />

7 Per una rassegna relativamente completa delle principali “mappe”<br />

dei Distretti Industriali italiani (con l’esclusione di quella più<br />

recentemente proposta dalla <strong>Fondazione</strong> Edison, di cui si parlerà più<br />

oltre), si veda: IPI, Istituto per la Promozione Industriale (2002).

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