EX ACTIS SUMMI PONTIFICIS 11Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma laprofessione della fede” (Eb 4,14). Questo versettomostra Gesù che ascende al Padre; quellosuccessivo lo presenta mentre discende versogli uomini. Cristo è presentato come il Mediatore:è vero Dio e vero uomo, perciò appartienerealmente al mondo divino e a quello umano.In realtà, è proprio e solamente a partire daquesta fede, da questa professione di fede inGesù Cristo, il Mediatore unico e definitivo,che nella Chiesa ha senso una vita consacrata,una vita consacrata a Dio mediante Cristo.Ha senso solo se Lui è veramente mediatoretra Dio e noi, altrimenti si tratterebbe solo diuna forma di sublimazione o di evasione. SeCristo non fosse veramente Dio, e non fosse,al tempo stesso, pienamente uomo, verrebbemeno il fondamento della vita cristiana inquanto tale, ma, in modo del tutto particolare,verrebbe meno il fondamento di ogni consacrazionecristiana dell’uomo e della donna. Lavita consacrata, infatti, testimonia ed esprimein modo “forte” proprio il cercarsi reciprocodi Dio e dell’uomo, l’amore che li attrae; lapersona consacrata, per il fatto stesso di esserci,rappresenta come un “ponte” verso Dio pertutti coloro che la incontrano, un richiamo, unrinvio. E tutto questo in forza della mediazionedi Gesù Cristo, il Consacrato del Padre. Il fondamentoè Lui! Lui, che ha condiviso la nostrafragilità, perché noi potessimo partecipare dellasua natura divina.Il nostro testo insiste, più che sulla fede,sulla “fiducia” con cui possiamo accostarci al“trono della grazia”, dal momento che il nostrosommo sacerdote è stato Lui stesso “messoalla prova in ogni cosa come noi”. Possiamoaccostarci per “ricevere misericordia”, “trovaregrazia”, e per “essere aiutati al momentoopportuno”. Mi sembra che queste parole contenganouna grande verità e insieme un grandeconforto per noi che abbiamo ricevuto il donoe l’impegno di una speciale consacrazionenella Chiesa. Penso in particolare a voi, caresorelle e fratelli. Voi vi siete accostati con pienafiducia al “trono della grazia” che è Cristo,alla sua Croce, al suo Cuore, alla sua divinapresenza nell’Eucaristia. Ognuno di voi si èavvicinato a Lui come alla fonte dell’Amorepuro e fedele, un Amore così grande e bello dameritare tutto, anzi, più del nostro tutto, perchénon basta una vita intera a ricambiare ciòche Cristo è e ciò che ha fatto per noi. Ma voivi siete accostati, e ogni giorno vi accostate aLui, anche per essere aiutati al momento opportunoe nell’ora della prova.Le persone consacrate sono chiamate inmodo particolare ad essere testimoni di questamisericordia del Signore, nella quale l’uomotrova la propria salvezza. Esse tengono vival’esperienza del perdono di Dio, perché hannola consapevolezza di essere persone salvate, diessere grandi quando si riconoscono piccole,di sentirsi rinnovate ed avvolte dalla santità diDio quando riconoscono il proprio peccato.Per questo, anche per l’uomo di oggi, la vitaconsacrata rimane una scuola privilegiata della“compunzione del cuore”, del riconoscimentoumile della propria miseria, ma, parimenti, rimaneuna scuola della fiducia nella misericordiadi Dio, nel suo amore che mai abbandona.In realtà, più ci si avvicina a Dio, più si è vicinia Lui, più si è utili agli altri. Le persone consacratesperimentano la grazia, la misericordiae il perdono di Dio non solo per sé, ma ancheper i fratelli, essendo chiamate a portare nelcuore e nella preghiera le angosce e le attesedegli uomini, specie di quelli che sono lontanida Dio. In particolare, le comunità che vivononella clausura, con il loro specifico impegnodi fedeltà nello “stare con il Signore”, nello“stare sotto la croce”, svolgono sovente questoruolo vicario, unite al Cristo della Passione,prendendo su di sé le sofferenze e le provedegli altri ed offrendo con gioia ogni cosa perla salvezza del mondo.Infine, cari amici, vogliamo elevare al Signoreun inno di ringraziamento e di lode perla stessa vita consacrata. Se essa non ci fosse,quanto sarebbe più povero il mondo! Al di làdelle superficiali valutazioni di funzionalità,la vita consacrata è importante proprio per ilsuo essere segno di gratuità e d’amore, e ciòtanto più in una società che rischia di esseresoffocata nel vortice dell’effimero e dell’utile(cfr Esort. ap. post-sinod. Vita consecrata,105). La vita consacrata, invece, testimonia lasovrabbondanza d’amore che spinge a “perdere”la propria vita, come risposta alla sovrabbondanzadi amore del Signore, che per primoha “perduto” la sua vita per noi. In questo momentopenso alle persone consacrate che sentonoil peso della fatica quotidiana scarsa digratificazioni umane, penso ai religiosi e allereligiose anziani, ammalati, a quanti si sentonoin difficoltà nel loro apostolato… Nessunodi essi è inutile, perché il Signore li associa al“trono della grazia”. Sono invece un dono preziosoper la Chiesa e per il mondo, assetato diDio e della sua Parola.
12 AN. CXXIX – IANUARII-APRILIS <strong>2010</strong> – N. 1Pieni di fiducia e di riconoscenza, rinnoviamodunque anche noi il gesto dell’offertatotale di noi stessi presentandoci al Tempio.L’Anno Sacerdotale sia un’ulteriore occasione,per i religiosi presbiteri, ad intensificare ilcammino di santificazione e, per tutti i consacratie le consacrate, uno stimolo ad accompagnaree sostenere il loro ministero confervente preghiera. Quest’anno di grazia avràun momento culminante a Roma, il prossimogiugno, nell’incontro internazionale dei sacerdoti,al quale invito quanti esercitano il SacroMinistero. Ci accostiamo al Dio tre volte Santo,per offrire la nostra vita e la nostra missione,personale e comunitaria, di uomini e donneconsacrati al Regno di Dio. Compiamo questogesto interiore in intima comunione spiritualecon la Vergine Maria: mentre la contempliamonell’atto di presentare Gesù Bambino al Tempio,la veneriamo quale prima e perfetta consacrata,portata da quel Dio che porta in braccio;Vergine, povera e obbediente, tutta dedita anoi, perché tutta di Dio. Alla sua scuola, e colsuo materno aiuto, rinnoviamo il nostro “eccomi”e il nostro “fiat”. Amen.Benedetto xvi[L’Osservatore Romano, 4 febbraio <strong>2010</strong>, p. 8]5. Discorso all’Udienza Generale del mercoledìCittà del Vaticano, Aula Paolo VI, 10.02.<strong>2010</strong>SANT’ANTONIO DI PADOVAL’Importanza dell’umanesimonato dalla fede cristianaPer l’economia un’eticaamica della personaCari fratelli e sorelle,due settimane fa ho presentato la figura disan Francesco di Assisi. Questa mattina vorreiparlare di un altro santo appartenente allaprima generazione dei Frati Minori: Antoniodi Padova o, come viene anche chiamato, daLisbona, riferendosi alla sua città natale. Sitratta di uno dei santi più popolari in tutta laChiesa Cattolica, venerato non solo a Padova,dove è stata innalzata una splendida Basilicache raccoglie le sue spoglie mortali, ma in tuttoil mondo. Sono care ai fedeli le immaginie le statue che lo rappresentano con il giglio,simbolo della sua purezza, o con il BambinoGesù tra le braccia, a ricordo di una miracolosaapparizione menzionata da alcune fontiletterarie.Antonio ha contribuito in modo significativoallo sviluppo della spiritualità francescana,con le sue spiccate doti di intelligenza, di equilibrio,di zelo apostolico e, principalmente, difervore mistico.Nacque a Lisbona da una nobile famiglia,intorno al 1195, e fu battezzato con il nome diFernando. Entrò fra i Canonici che seguivanola regola monastica di sant’Agostino, dapprimanel monastero di San Vincenzo a Lisbonae, successivamente, in quello della Santa Crocea Coimbra, rinomato centro culturale delPortogallo. Si dedicò con interesse e sollecitudineallo studio della Bibbia e dei Padri dellaChiesa, acquisendo quella scienza teologicache mise a frutto nell’attività di insegnamentoe di predicazione. A Coimbra avvenne l’episodioche impresse una svolta decisiva nella suavita: qui, nel 1220 furono esposte le reliquiedei primi cinque missionari francescani, che sierano recati in Marocco, dove avevano incontratoil martirio. La loro vicenda fece nascerenel giovane Fernando il desiderio di imitarlie di avanzare nel cammino della perfezionecristiana: egli chiese allora di lasciare i Canoniciagostiniani e di diventare Frate Minore.La sua domanda fu accolta e, preso il nomedi Antonio, anch’egli partì per il Marocco, mala Provvidenza divina dispose altrimenti. Inseguito a una malattia, fu costretto a rientrarein Italia e, nel 1221, partecipò al famoso “Capitolodelle stuoie” ad Assisi, dove incontròanche san Francesco. Successivamente, visseper qualche tempo nel totale nascondimento inun convento presso Forlì, nel nord dell’Italia,dove il Signore lo chiamò a un’altra missione.Invitato, per circostanze del tutto casuali,a predicare in occasione di un’ordinazione sacerdotale,mostrò di essere dotato di tale scienzaed eloquenza, che i Superiori lo destinaronoalla predicazione. Iniziò così in Italia e inFrancia, un’attività apostolica tanto intensa edefficace da indurre non poche persone che sierano staccate dalla Chiesa a ritornare sui propripassi. Antonio fu anche tra i primi maestridi teologia dei Frati Minori, se non proprio ilprimo. Iniziò il suo insegnamento a Bologna,con la benedizione di san Francesco, il quale,
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