BOOK ABSTRACT - Simfer
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adattata alle necessità individuali determini sicuramente un<br />
miglioramento di capacità e abilità motorie nonché di abilità<br />
socio‐affettive.<br />
LA CADUTA NELL’ANZIANO ISTITUZIONALIZZATO:<br />
UN FATTORE DI RISCHIO PER LA PERDITA<br />
DELL’AUTONOMIA.<br />
D. M. Carlucci, E. Gabrieli, E. Calciolari, L. Salvini, C.<br />
Quarelli, A. R. Storelli (Sebino Esine (BS))<br />
INTRODUZIONE<br />
La caduta in un anziano istituzionalizzato è un evento tanto<br />
frequente quanto drammatico, infatti non è significativa<br />
solamente per l’evento in sé ma soprattutto per le<br />
conseguenze non solo fisiche ma anche psichiche e<br />
comportamentali che spesso comporta, cambiando<br />
radicalmente il destino di una persona fino a quel momento<br />
autonoma . La percentuale di cadute per posto letto varia<br />
dallo 0,39 % al 2,9% secondo le casistiche (1*) e va ricercata<br />
nelle condizioni di salute più precarie e nella maggiore<br />
fragilità degli anziani istituzionalizzati rispetto agli anziani<br />
residenti al proprio domicilio. La caduta diventa un segnale di<br />
relativo scompenso secondario a una riduzione di efficienti<br />
risposte alle difficoltà poste dall’ambiente. Nei paesi<br />
occidentali la popolazione va soggetta ad un progressivo<br />
invecchiamento e quindi il problema delle cadute assumerà<br />
una rilevanza via via maggiore. Una indagine ISTAT,<br />
Multiscopo 2001, ha rappresentato la situazione degli anziani<br />
in Italia graficamente da cui si nota il diverso profilo della<br />
distribuzione della popolazione italiana, da " Campana " (<br />
molti bambini e pochi anziani ) a " Botte " ( pochi bambini e<br />
molti adulti e anziani ).(1) La caduta può accelerare il<br />
processo stesso di invecchiamento e condurre alla parziale o<br />
totale inabilità e perdita dell’autonomia che spesso giustifica<br />
l’aumento della sua presa in carico. Infatti essa può<br />
innescare una sorta di circolo vizioso in cui malattie già<br />
presenti si aggravano, oppure ne viene favorita la comparsa<br />
di nuove e più invalidanti, come la post‐fall sindrome, così<br />
che il rischio di una nuova caduta viene sensibilmente<br />
aumentato. L’incidenza annuale di cadute fra anziani<br />
istituzionalizzati aumenta regolarmente con l’aumentare<br />
dell’età (2‐5). L’incidenza delle cadute non è uguale nei due<br />
sessi: le donne cadono più degli uomini, con una frequenza<br />
quasi doppia fino all’età di 75 anni, dopo la quale invece la<br />
frequenza è simile in entrambi i sessi (6). I danni riportati<br />
dalle cadute rappresentano la sesta causa di morte nelle<br />
persone ultraottantenni. Si stima che circa il 45% degli<br />
anziani residenti nelle Strutture cade ogni anno e almeno<br />
circa un terzo cade ripetutamente. Le conseguenze di queste<br />
cadute in ambienti per così dire protetti possono esitare in<br />
fratture fino a circa il 10% dei casi e fino al 15% circa possono<br />
comportare gravi lesioni dei tessuti molli come ematomi e<br />
contusioni importanti, ferite lacero‐contuse, per non parlare<br />
della post‐fall sindrome. Le fratture sono più comuni nelle<br />
109<br />
donne, probabilmente per la maggiore incidenza di<br />
osteoporosi involutiva. Nei casi in cui si instaura la post‐fall<br />
sindrome (sindrome del dopo caduta), se non superata si<br />
può favorire da una parte una patologia da immobilizzazione,<br />
mentre dall’altra può indurre un atteggiamento di eccessiva<br />
tutela da parte del personale, come l’uso di ausili per la<br />
contenzione, peggiorando così ulteriormente le performance<br />
motorie dell’ospite istituzionalizzato (8). Di non secondaria<br />
importanza è il peso economico che tali cadute comportano,<br />
considerando il costo delle indagini che devono essere<br />
sostenute, come: Rx, Ecografie, ECG, eventuali TAC,<br />
interventi di Osteosintesi o di Artroprotesi, Ortesi varie, visite<br />
Specialistiche, nonché al probabile allungamento della<br />
degenza nei reparti ospedalieri. Le cause delle cadute<br />
all’interno delle strutture vanno ricercate e individuate sia in<br />
ragioni intrinseche all’anziano, che all’attività svolta, ai<br />
pericoli appartenenti all’ambiente e al tipo di abbigliamento<br />
indossato, così come nelle modalità, qualità e scelte degli<br />
interventi sanitari e assistenziali. Le cadute hanno varie<br />
cause e pertanto l’intervento preventivo è articolato su<br />
diversi fronti. Un’altra circostanza molto frequente è<br />
correlata al vagabondaggio, comune negli ospiti dementi<br />
istituzionalizzati, dove la soluzione talvolta adottata per<br />
controllare tale comportamento è la contenzione fisica o<br />
farmacologia che rendono l’ospite ancora più instabile con la<br />
convinzione che limitando il movimento si riducono le<br />
occasioni di caduta. Talvolta nel comportamento del<br />
personale si possono identificare delle precise responsabilità<br />
nel determinare o addirittura favorire una caduta (5).Un<br />
intervento riabilitativo ed educativo che promuova il<br />
movimento e preveda l’esecuzione di esercizi capaci di<br />
rinforzare la muscolatura può prolungare lo stato di<br />
benessere e consentire di mantenere più a lungo e con meno<br />
pena le autonomie motorie.<br />
Con questo lavoro si vogliono approfondire gli aspetti<br />
peculiari delle cadute fra gli anziani istituzionalizzati,<br />
offrendo spunti di riflessione sugli aspetti ambientali e<br />
preventivi. Si vuole dimostrare inoltre come un intervento<br />
basato su di un programma di esercizi mirati al<br />
mantenimento e potenziamento della forza muscolare e<br />
dell’equilibrio contribuisca in maniera significativa a<br />
prevenire le cadute su una popolazione anziana<br />
istituzionalizzata.<br />
PREVENZIONE DELLE CADUTE NEL PAZIENTE<br />
ANZIANO OSTEOPOROTICO.<br />
L. Prioli, L. Conti, D. Zanotti (Repubblica San Marino)<br />
INTRODUZIONE<br />
Da circa 2 anni abbiamo attivato un progetto speciale per la “<br />
prevenzione delle cadute nel paziente anziano osteoporotico<br />
“ , in collaborazione con la geriatria e la ginecologia che<br />
segue le pazienti osteoporotiche, seguendo un protocollo<br />
americano della Biodex