BOOK ABSTRACT - Simfer
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‐ ritardo nell’accoglimento in altra struttura per la<br />
prosecuzione del percorso riabilitativo<br />
‐ ritardo nell’acquisizione/prova/modifica di ortesi ed ausili<br />
‐ ritardo nelle predisposizioni domestiche o<br />
nell’accoglimento dei familiari per problematiche socio‐<br />
assistenziali.<br />
Dai risultati ottenuti si evince come il mancato<br />
raggiungimento dell’autonomia del paziente colpito da ictus<br />
sia il fattore più frequentemente associato ad un ritardo del<br />
raggiungimento degli obiettivi e dunque ad una degenza<br />
prolungata, mentre il ritardo nelle predisposizioni<br />
domestiche nonché la comparsa di nuove patologie<br />
concomitanti sia associato ad un rinvio della dimissione.<br />
Di certo, la gravità clinica e un conseguente indice di Barthel<br />
molto basso all’ingresso può far prevedere una degenza<br />
prolungata già al momento della presa in carico da parte del<br />
team riabilitativo che deve valutare anche tutti gli altri fattori<br />
predittivi di scarso recupero che in questo studio si sono<br />
confermati tali (afasia, solitudine, incontinenza, disfagia,<br />
depressione, scarso livello di autonomia prelesionale).<br />
I DISTURBI DELLA DEGLUTIZIONE NELL’ICTUS<br />
CEREBRALE: STUDIO RETROSPETTIVO SU 129<br />
PAZIENTI.<br />
G. C. Di Girolamo, M. Gandolfi, T. Squaquara, N.<br />
Smania, A. Fiaschi (Verona)<br />
INTRODUZIONE<br />
I disturbi della deglutizione nell’ictus cerebrale hanno<br />
un’incidenza compresa tra il 21% e il 50% (1) e<br />
rappresentano una delle principali cause di morte<br />
predisponendo il paziente a malnutrizione e polmonite ab<br />
ingestis. Nonostante negli ultimi anni l’interesse verso la<br />
disfagia nell’ictus sia stato sempre maggiore (2), non<br />
vengono attualmente proposti percorsi specifici per la<br />
diagnosi e cura del disturbo. Lo scopo del presente lavoro è<br />
valutare l’efficacia di un percorso multidisciplinare, clinico e<br />
strumentale, specifico per l’individuazione precoce e la<br />
riabilitazione del disturbo disfagico in pazienti con ictus<br />
cerebrale.<br />
MATERIALI E METODI<br />
E’ stato condotto uno studio retrospettivo su 1391 cartelle<br />
cliniche di tutti i pazienti con disfagia in esiti di ictus<br />
cerebrale afferiti al nostro Servizio di Logopedia tra Gennaio<br />
2000 e Giugno 2008. 129 pazienti sono stati inclusi nello<br />
studio e di questi sono stati raccolti i seguenti dati: tipo di<br />
nutrizione e severità della disfagia al momento del ricovero e<br />
alla dimissione, comparsa di complicanze bronco‐polmonari,<br />
distanza della prima valutazione dall’ictus, sede e tipo di<br />
ictus cerebrale, tipo di esami strumentali eseguiti.<br />
RISULTATI<br />
154<br />
Dallo studio è emerso: un progressivo aumento del numero<br />
totale di pazienti afferiti al servizio, una maggiore precocità<br />
della presa in carico, un aumento del numero di sondini<br />
naso‐gastrici rimossi, una riduzione della severità della<br />
disfagia alla dimissione, una riduzione dell’incidenza della<br />
complicanze broncopolmonari, e un progressivo aumento del<br />
numero di fibrolaringoscopie eseguite.<br />
CONCLUSIONI<br />
un percorso clinico multidisciplinare specifico per la diagnosi<br />
e trattamento della disfagia può migliorare il recupero delle<br />
funzioni deglutitorie e diminuire le complicanze secondarie.<br />
IL CATETERE VESCICALE ED OUTCOME DOPO<br />
RIABILITAZIONE INTENSIVA: ANALISI DEI DATI DEL<br />
PMIC.<br />
A. Nocella, V. Leto, M. Massucci (Passignano sul<br />
Trasimeno)<br />
INTRODUZIONE<br />
Scopo dello studio è analizzare, all’interno del database del<br />
Protocollo di Minima dell’Ictus Cerebrale, le caratteristiche<br />
dei pazienti portatori di catetere delle vie urinarie<br />
all’ingresso in reparto di Riabilitazione Intensiva, e i fattori<br />
anagrafico‐clinici che si associano alla possibilità di rimozione<br />
dello stesso.<br />
MATERIALI E METODI<br />
Sono stati presi in esame pazienti consecutivi affetti da esiti<br />
di ictus cerebri, afferiti al Centro Ospedaliero di Riabilitazione<br />
Intensiva di Passignano sul Trasimeno(PG), e suddivisi in due<br />
gruppi, l’uno portatore di catetere vescicale all’ingresso e<br />
l’altro no. Quindi tra i pazienti che avevano il catetere<br />
urinario all’ingresso si è cercato di individuare quali fossero i<br />
fattori anagrafico‐clinici associati alla possibilità di rimozione<br />
e l’incidenza del catetere sulla destinazione alla dimissione.<br />
RISULTATI<br />
Sono stati valutati 97 pazienti, di cui 32 portatori di catetere<br />
vescicale all’ingresso in reparto. Dei 32 con catetere, 12<br />
pazienti lo avevano mantenuto alla dimissione. Il catetere<br />
era presente in pazienti più anziani(77 vs 74aa), con<br />
emisindrome destra(62%). A fronte di una ripartizione tra<br />
ischemici ed emorragici sovrapponibile alla letteratura, i<br />
pazienti ischemici con T.A.C.I. secondo la classificazione di<br />
Bamford presentavano una maggiore frequenza di catetere<br />
vescicale. Mediamente lo score di Barthel Index, Trunk<br />
Control Test e Motricity Index si presenta significativamente<br />
inferiore nel gruppo con catetere rispetto a quello senza sia<br />
all’ingresso che alla dimissione. I pazienti con catetere hanno<br />
poi una durata della degenza(62,9vs44,2 gg) e una distanza<br />
evento acuto‐ricovero(26vs18gg) significativamente più<br />
lunghe. Tra i pazienti con catetere, quelli di sesso<br />
femminile(75%), affetti da T.A.C.I.(70%) e P.O.C.I.(20%) ed<br />
emisindrome destra(58%) hanno una minore frequenza di