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BOOK ABSTRACT - Simfer

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PREVENZIONE DELLE INFEZIONI CORRELATE A<br />

CATETERE VENOSO CENTRALE IN PAZIENTI CON<br />

GRAVE CEREBROLESIONE ACQUISITA NEI REPARTI<br />

DI NEURORIABILITAZIONE.<br />

G. Schierano, R. Baio, N. Giunta, R. Lorusso, M.<br />

Marchioni, M. Lauro, S. Petrozzino (Alessandria)<br />

INTRODUZIONE<br />

Negli ultimi dieci anni, nell’ambito della presa in carico<br />

riabilitativa di soggetti con grave cerebrolesione acquisita, si<br />

è assistito a una riduzione dell’intervallo di tempo che<br />

intercorre tra l’evento acuto e il ricovero in strutture di<br />

riabilitazione intensiva (in media di 38 giorni)1‐2, risultato sia<br />

del costante miglioramento delle tecniche rianimatorie, che<br />

assicurano una più precoce stabilizzazione delle condizioni<br />

emodinamiche e cardiocircolatorie, sia di un’organizzazione<br />

assistenziale e riabilitativa sempre più complessa ed esperta.<br />

I pazienti presi in carico presso i reparti di riabilitazione<br />

intensiva presentano pertanto condizioni cliniche sempre<br />

più gravi ( l’85% dei casi è da considerarsi clinicamente molto<br />

grave)1‐2 e complesse: il 25,8% è portatore all’’ingresso di<br />

catetere venoso centrale, il 42,7% di tracheotomia e il 71,7%<br />

di catetere vescicale a dimora. Aumentata è inoltre<br />

l’incidenza di complicanze soprattutto quelle infettive<br />

(42,4%)1‐2, gran parte delle quali sembra essere correlata<br />

alla presenza di catetere venoso centrale3.<br />

La presenza di complicanze infettive rallenta ovviamente i<br />

tempi riabilitativi e di ricovero ed è tra le prime cause di<br />

mortalità, per cui scopo dell’equipe riabilitativa deve essere<br />

quello di ridurne l’incidenza individuandone e rimuovendone<br />

la causa. Obiettivo del seguente lavoro è quello di<br />

identificare le modalità di prevenzione delle infezioni<br />

correlate a CVC nei pazienti con grave cerebrolesione<br />

acquisita ricoverati presso reparti di riabilitazione intensiva<br />

in modo da mettere in atto un protocollo operativo di cui<br />

valuteremo nel tempo l’efficacia.<br />

MATERIALI E METODI<br />

Tramite attenta revisione della letteratura ed in base alle<br />

esperienze maturate nel corso di questi anni, abbiamo preso<br />

in esame le infezioni correlate all’utilizzo del catetere venoso<br />

centrale in pazienti con grave cerebrolesione acquisita,<br />

individuandone i fattori di rischio e le corrette modalità di<br />

prevenzione. Sulla base dei risultati così ottenuti abbiamo<br />

ipotizzato un corretto modus operandi nell’ambito della<br />

nostra realtà riabilitativa.<br />

RISULTATI<br />

Le infezioni correlate a catetere venoso centrale possono<br />

essere distinte in sistemiche e locali. Nel primo caso si tratta<br />

di batteriemie o fungemie legate al catetere (CRBSI –<br />

Catheter Related Bloodstream Infections), a volte associate a<br />

trombosi settica, ed infezioni a localizzazione profonda, quali<br />

l’endocardite ed gli ascessi metastatici. Per infezioni locali si<br />

intendono invece infezioni non batteriemiche quali<br />

52<br />

l’infezione del tunnel, del punto di inserzione cutaneo del<br />

catetere o dei punti di fissaggio. In entrambi i casi è possibile<br />

parlare di infezione da catetere venoso centrale solo se<br />

questo è in situ da almeno 48 ore4‐5.<br />

La più frequente via di colonizzazione del catetere è dovuta<br />

alla migrazione di germi dalla cute alla punta del CVC o dai<br />

raccordi spesso manipolati dal personale ai fini assistenziali.<br />

Sono da considerarsi più rare le contaminazioni per via<br />

ematogena e per inquinamento delle soluzioni infusionali4‐5.<br />

Il rischio infettivo sembra essere correlato al tipo di catetere<br />

utilizzato (presentano un maggior rischio infettivo i cateteri<br />

percutanei non tunnellizati a breve termine; a più basso<br />

rischio sono invece i totalmente impiantabili seguiti dai<br />

tunnellizzati), al sito di impianto del catetere (l’accesso in<br />

succlavia è gravato da un rischio minore rispetto a quello in<br />

giugulare interna e femorale) ed alla durata della<br />

cateterizzazione4‐5.<br />

Da quanto fino ad ora detto risulta chiaro il perché nella<br />

totalità delle linee guida presenti in letteratura le<br />

componenti del percorso di utilizzo del CVC che vengono<br />

considerate determinanti nella prevenzione delle infezioni<br />

catetere correlate sono:1) l’igiene delle mani; 2) le<br />

precauzioni di massima barriera di sterilità; 3) l’antisepsi<br />

della cute con clorexidina; 4) la selezione appropriata del sito<br />

di inserzione; 5) la revisione quotidiana dell’effettiva<br />

necessità di mantenere in sede il CVC 5‐6.<br />

Nell’ambito di un progetto di prevenzione è pertanto<br />

fondamentale l’attuazione di programmi di formazione ed<br />

educazione del personale sanitario, medico ed<br />

infermieristico riguardo ad: indicazioni per l’uso dei CVC,<br />

procedure di gestione dei CVC, appropriate misure di<br />

prevenzione e controllo delle CRBSI6‐7. In ambito<br />

riabilitativo anche il personale fisioterapico deve essere<br />

formato ad una corretta gestione del CVC sia durante il<br />

trattamento che durante l’effettuazione di passaggi<br />

posturali, trasferimenti e mobilizzazioni, situazioni in cui è<br />

possibile effettuare manovre che ledono l’integrità o la<br />

sterilità del dispositivo.<br />

Riteniamo di particolare importanza la conoscenza delle<br />

indicazioni al posizionamento ed al mantenimento del CVC,<br />

poiché spesso molte delle indicazioni che hanno portato al<br />

posizionamento del CVC nei reparti di terapia intensiva non<br />

sono più presenti all’ingresso nei reparti di riabilitazione ed<br />

in particolare:<br />

1. necessità di monitoraggio invasivo dei parametri<br />

vitali (es. PVC);<br />

2. necessità di terapia medica e.v per il supporto delle<br />

funzioni vitali (es. farmaci vasoattivi);<br />

3. necessità di alti livelli infusionali per la presenza di<br />

un scarso controllo dell’equilibrio idroelettrolitico ed<br />

emodinamico;<br />

4. necessità di nutrizione parenterale;<br />

Già all’ingresso in reparto di riabilitazione intensiva in<br />

presenza di un catetere venoso centrale il personale<br />

sanitario valuterà quindi la necessità di mantenere in sede il

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