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BOOK ABSTRACT - Simfer

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Sono state esaminate le cartelle cliniche di 42 pazienti<br />

ricoverati consecutivamente per cerebrovasculopatia acuta.<br />

Nella prima parte dello studio si sono ricercati gli aspetti per i<br />

quali c’è una differenza statisticamente significativa tra i<br />

pazienti disfagici e non disfagici. In considerazione<br />

dell’elevato tasso di risoluzione spontanea della disfagia<br />

nell’ictus, il confronto è stato ripetuto in due diversi<br />

momenti, dividendo i pazienti in base alla presenza o meno<br />

di disfagia in fase acuta, e poi confrontandoli di nuovo in<br />

base alla presenza o meno di disfagia al momento del<br />

ricovero in reparto riabilitativo (avvenuto 32±18 gg<br />

dall’ictus). La seconda parte dello studio mirava a valutare<br />

quali degli aspetti significativamente diversi nei pazienti<br />

disfagici e non disfagici fossero in grado di influenzare il<br />

recupero finale dei pazienti misurato con la scala FIM.<br />

RISULTATI<br />

I pazienti che erano disfagici al momento del ricovero in fase<br />

acuta hanno ottenuto punteggi FIM iniziale e finale<br />

significativamente più bassi rispetto a quelli che non<br />

presentavano disfagia in tale fase. Non ci sono state<br />

differenze significative tra pazienti che all’ingresso in reparto<br />

riabilitativo presentavano disfagia rispetto ai non disfagici in<br />

tale fase. La presenza di disfagia in fase acuta correla con<br />

punteggi FIM finali, cioè al termine del periodo di<br />

riabilitazione intensiva, più bassi mentre non è stata trovata<br />

alcuna relazione tra la disfagia in fase post‐acuta e la FIM<br />

finale.<br />

CONCLUSIONI<br />

Alla luce di questi risultati, la disfagia osservata in fase acuta<br />

rappresenta un fattore predittivo negativo dell’outcome<br />

funzionale finale del paziente con ictus, mentre la<br />

permanenza della disfagia nelle fasi successive non sembra<br />

influenzare l’outcome funzionale.<br />

VALUTAZIONE CLINICA E STRUMENTALE DI<br />

PATTERN DI CAMMINO IN SOGGETTI CON STROKE<br />

CRONICO.<br />

M. G. Benedetti, A. Taviani, B. Nesi, T. Sforza, A.<br />

Frizziero, D. Luciani, F. Benvenuti (Bologna)<br />

INTRODUZIONE<br />

Conoscere la menomazione correlata ai meccanismi di<br />

compenso più efficaci dal punto di vista funzionale ed<br />

energetico è fondamentale per l’ottimizzazione dei percorsi<br />

di recupero e la prognosi funzionale nei pazienti con esiti di<br />

stroke. Il presente lavoro è stato condotto per individuare la<br />

ricorrenza di pattern motori della deambulazione, studiare la<br />

relazione tra meccanismo di compenso e velocità di<br />

progressione, forza muscolare, e costo energetico.<br />

Trenta pazienti emiplegici consecutivi con deambulazione<br />

autonoma, 17 maschi e 13 femmine, di età compresa tra gli<br />

52 e i 84 anni sono stati valutati con: misura del ROM<br />

165<br />

dell’anca, ginocchio e caviglia, misurazione della forza<br />

muscolare dei principali muscoli dell’arto inferiore, six<br />

minutes walk distance test, observational gait (OGA), gait<br />

analysis.<br />

Sono stati individuati all’ OGA e confermati con gait analysis<br />

3 pattern di deambulazione, puri o in combinazione,<br />

selezionati dal paziente al fine di garantire la progressione<br />

dell’arto inferiore plegico: “vaulting”‐spinta sul piede<br />

controlaterale (3 pazienti), “pelvic hike”‐sollevamento<br />

dell’emibacino (5 pazienti), circumduzione dell’arto plegico<br />

(2 pazienti). Quattro pazienti presentavano vaulting+pelvic<br />

hike, 5 vaulting+pelvic hike+circumduzione. In 11 non era<br />

evidenziabile nessuno dei pattern descritti. Il pattern<br />

circumduzione è il più confortevole e vantaggioso per la<br />

deambulazione, sia per velocità normalizzata del cammino,<br />

che per forza muscolare. Non sembra esistere nessuna<br />

corrispondenza tra la classificazione basata sulla velocità di<br />

cammino e i valori di costo energetico. Il pattern<br />

Circumduzione presenta maggiore flessione ed abduzione<br />

d’anca, coincidente con le più alte velocità di progressione e<br />

la maggiore forza muscolare a livello di ileopsoas e gluteo<br />

medio. Il Vaulting presenta minore estensione d’anca, e<br />

minore forza del grande gluteo. Il Pelvic Hike è associato ad<br />

una minore spasticità dell’arto plegico, ginocchio non rigido<br />

o iperesteso, e a ridotta lunghezza del semipasso.<br />

Identificare pattern omogenei in pazienti con esiti di stroke<br />

risulta difficile per la eterogeneità dei quadri clinici. I risultati<br />

ottenuti sembrano avvalorare l’ipotesi di una relazione tra il<br />

pattern di compenso emergente e le caratteristiche di forza,<br />

selettività residua e spasticità, ma dovranno essere<br />

confermati su una popolazione emiplegica più ampia perché<br />

possano essere generalizzati.

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