Spazio e sapere - La Psicanalisi secondo Sciacchitano
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Uno dei pilastri della riforma intellettuale è la nozione di “non tutto”, da intendersi in<br />
prima battuta come “collezione che non è un insieme”, che <strong>La</strong>can propone per la<br />
modalità femminile della sessuazione, ma che in realtà si muove lungo un arco di<br />
pensiero “debolista” molto ampio, che va dall’indebolimento dell’ontologia,<br />
cominciando dal suo cardine, l’Uno, all’indebolimento del binarismo logico che pone in<br />
equivalenza affermazione e doppia negazione. 181 Noi inseriremo la mossa lacaniana<br />
nell’ambiente topologico che dovrebbe esserci in qualche misura familiare. Sarà allora<br />
forse più facile accettare una nozione al limite del contraddittorio, tanto ostica quanto<br />
l’inconscio, che è un <strong>sapere</strong> che non si sa. Per pensare entrambi, il non-tutto e<br />
l’inconscio, sembrano necessari strumenti intellettuali che non si limitino a trattare<br />
l’estensione, magari sotto forma di misura precisa quanto si vuole. Non è del tutto vero.<br />
Seppure si esclude l’esattezza quantitativa dal pensiero dell’inconscio, del femminile e,<br />
perché no, dell’infinito, l’esigenza di rigore non è diminuita di un epsilon. L’abbiamo<br />
imparato da Heidegger, che il rigore può coesistere con il regime discorsivo qualitativo,<br />
senza necessariamente passare attraverso il quantitativo. Di nostro ci mettiamo la<br />
dimestichezza, acquisita con l’esercizio della topologia, a piegare lo strumento<br />
estensionale alle finezze dell’argomentazione intensionale.<br />
*<br />
Il punto da cui forse è più semplice partire è la constatazione di una necessità pratica.<br />
In risposta a quale problema <strong>La</strong>can introduce la nozione di non tutto, cioè di totalità che<br />
non è un insieme?<br />
Precisiamo, innazitutto, che le totalità che non sono insiemi non sono un’invenzione<br />
recente. <strong>La</strong> distinzione tra molteplicità che possono essere pensate come unità – i nostri<br />
insiemi – e quelle che non lo possono – le nostre classi proprie o “non tutte” – risale alla<br />
Critica della ragion pura. Riproporre una distinzione tanto astratta in psicanalisi sembra<br />
inappropriato. Invece la distinzione si “applica” assai bene a un problema molto<br />
concreto della soggettività, quello che con neologismo lacaniano si chiama “problema<br />
della sessuazione”. Lo si può formulare così: “Come accede alla sessualità il soggetto?”<br />
o, più teoricamente: “Come si può pensare l’impossibilità del rapporto sessuale”.<br />
L’impossibilità è legata all’inesistenza di un codice sessuale, che prescriva le modalità<br />
sessuali corrette. <strong>La</strong> sessualità è come il linguaggio. Non esiste la grammatica a priori.<br />
Prima si parla e poi si fa la grammatica. Allo stesso modo, prima si fa sesso e poi si può<br />
dire cosa si è fatto.<br />
Conosciamo il modo freudiano di trattare questa particolare incertezza soggettiva –<br />
ma non indeterminatezza – tipica della “sfera” sessuale. <strong>La</strong> concezione freudiana era,<br />
appunto, “sferica”. Ammetteva che in ogni soggetto ci fossero entrambe le sessualità,<br />
quella maschile e quella femminile. <strong>La</strong> bisessualità freudiana è formata da entrambe le<br />
calotte, in cui la sfera sessuale risulterbbe tagliata, le quali entrerebbero entrambe, in<br />
rapporti variabili da individuo a individuo, nella costituzione della sessualità soggettiva.<br />
<strong>La</strong> debolezza della proposta freudiana sta nel trascurare un dettaglio importante del<br />
modello sferico e cioè che le due calotte sono topologicamente equivalenti. Da qui la<br />
difficoltà freudiana di parlare di due cose diverse in modo uguale. Che fu anche il<br />
merito di Freud. Il quale, contro le critiche degli umanisti, Jung in primis, e degli<br />
uomini di buon senso, sempre filistei, seppe mantenere per entrambi i sessi l’unicità del<br />
complesso edipico e di castrazione. In altri termini, non cedette sul primato fallico nel<br />
campo della significazione del desiderio.<br />
A nostro avviso la “soluzione” lacaniana non è meno rispettosa di quella freudiana<br />
del primato fallico, pur riuscendo a introdurre una dissimmetria tra le due sessualità,<br />
ignota a Freud. Senza contare che reintroduce considerazioni strutturali in<br />
181 Nell’inconscio freudiano la negazione non nega. Tanto meno se stessa.