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Spazio e sapere - La Psicanalisi secondo Sciacchitano

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Dal privato al pubblico, dall’etica alla politica. L’ultima e forse macroscopicamente<br />

evidente conseguenza della differenza tra i due universali, totalizzante e non, si riflette<br />

nel modo in cui gli analisti organizzano la loro politica per la psicanalisi. Da una parte<br />

c’è il tutto maschile, dall’altra il non-tutto femminile. Non saprei dire quale è più<br />

gettonato. Viste le cose dall’esterno, sembra il primo. Anche perché più rassicurante.<br />

Uscito dal travaglio dell’analisi, debilitate le certezze preanalitiche, il giovane analista si<br />

rifugia volentieri nelle braccia di qualche istituzione che si ponga in mondo totalizzante<br />

rispetto a lui e al mondo esterno, difendendolo dai dubbi propri e dalle resistenze<br />

ambientali all’analisi.<br />

Volontariamente o involontariamente, il modo maschile di fare politica in psicanalisi<br />

è fascista. Si basa sul motto mussoliniano “credere, obbedire, combattere”. Si crede, con<br />

un atto di destituzione intellettuale, all’ortodossia promulgata dall’istituzione di<br />

appartenenza. Si obbedisce, ruminando i dogmi dell’ortodossia e commentandoli<br />

all’infinito senza apportare mai loro la minima correzione o la minima innovazione. Si<br />

combatte su due fronti: all’interno, applicando i codici psicoterapeutici “corretti” ai<br />

pazienti, e all’esterno, rivaleggiando con le eresie propugnate dalle altre istituzioni. Il<br />

quadro è ben noto. Attorno al tutto maschile si ergono i bastioni delle istituzioni, gli<br />

steccati delle scuole, i baluardi delle chiese, che hanno lo scopo di delimitare<br />

l’ortodossia – dentro – in rapporto alle eterodossie – fuori. Era questo il destino che<br />

Freud preconizzava per la sua psicanalisi? Bisogna ammettere che prima della svolta del<br />

1920, Freud non si rendeva conto della natura del materiale umano, da cui era<br />

circondato. Dopo il 1920 abbandonò la politica della psicanalisi per dedicarsi, in<br />

solitudine, alla teoria e alla scrittura.<br />

L’alternativa femminile non sembra, a prima vista, politica. <strong>La</strong> sua pratica, in privato<br />

e in pubblico, non è vistosa, è sommessa. Non è anarchica, è impredibile. <strong>La</strong> legge che<br />

la sorregge non è quella dello Stato ma del desiderio. Non ha finalità immediate di cura<br />

o di restaurazione. Anche perché non assolutizza il fallo e il genere di godimento che<br />

dispensa. <strong>La</strong> politica conforme a questa pratica non è quella che fonda istituzioni, ma<br />

genera movimento. Che si muove senza <strong>sapere</strong> dove, innescando transfert dove capita,<br />

in modo interstiziale. L’analista dipende dal non tutto, scriveva ai sordi italiani <strong>La</strong>can<br />

nel 1974. Nel 1958 teorizzava che la politica dell’analista è conforme alla mancanza a<br />

essere del desiderio. Il non tutto, ora lo sappiamo, è la condizione logica di questa<br />

ontologia sui generis.<br />

Il rilancio del movimento analitico dipende anche dalla ripresa di queste pressoché<br />

ovvie, ma non banali, verità di ordine logico. Se le nostre colleghe analiste, espressione<br />

vivente di un impegno professionale, che forse è l’unico nella nostra società a non<br />

sfavorirle, non si lasceranno distrarre dal richiamo di altre universalità – teoriche e<br />

pratiche – a loro non pertinenti, forse il barometro del movimento analitico potrà<br />

segnare tempi migliori.<br />

CONTRO IL FINALISMO COSMICO<br />

In quanto precede ho dato forse l’impressione di imbastire un discorso<br />

filofemminista. Dedico il capitolo finale del libro a smontare questa falsa impressione.<br />

L’obbiettivo del mio attacco non è la sessuazione maschile, ma la sua degenerazione<br />

nell’Uno assoluto. Dalla parte maschile esistono degli uni elementari che possono<br />

essere riuniti in altri uni elementari, cioè i loro insiemi. <strong>La</strong> mia contestazione riguarda la<br />

possibilità mitologica, e logicamente contraddittoria, di riunire le singole unità in un<br />

Uno sovraessenziale e assoluto. Della distinzione tra uni e Uno ho parlato in altra

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