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Spazio e sapere - La Psicanalisi secondo Sciacchitano

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siste”, come dice <strong>La</strong>can con termine mutuato da Heidegger. Per passare dal castrato al<br />

non castrato bigna attraversare almeno in un punto la mitica frontiera della paternità,<br />

come prevede il teorema di Jordan.<br />

In campo maschile il taglio della castrazione è essenziale, come già stabilito da<br />

Freud, il quale riduceva ogni angoscia al fatto della castrazione. È il taglio castrante che<br />

giustifica la struttura logica dell’Edipo come universale contingente. L’Edipo è<br />

universale perché riguarda tutti i figli (anche le figlie, caro Jung), ma è anche<br />

contingente perché effetto di un padre qualsiasi. Il teorema di Jordan non dice in quale<br />

punto deve essere attraversata la frontiera della paternità. Dice che tale punto esiste ma<br />

che è generico, senza particolari qualità. Il timore e tremore che prende ciascun padre<br />

alla notizia del primo figlio riflette questo decadere della qualità nella mera esistenza. Il<br />

Padre esiste anche senza qualità. In fondo, esiste come morto. Sul punto l’intuizione<br />

freudiana è sicura.<br />

Incerta, invece, ci sembra l’ulteriore teorizzazione lacaniana che distingue,<br />

hegelianamente, tra totalità buone – maschili – e totalità cattive – femminili. Le prime<br />

sarebbero fondate dall’ex-sistenza di un elemento che le nega, le seconde sarebbero<br />

infondate, quindi “non tutte”, perché manca l’elemento che le nega. 187 Noi non abbiamo<br />

ragioni per difendere questa teoria, che gli epigoni di <strong>La</strong>can usano a sostegno della<br />

nozione di fuorclusione. 188 Una traduzione utilizzabile è quella che associa alle<br />

universalità buone la nozione di unità in estensione. L’unità fa di esse unitotalità, a loro<br />

volta elementi unitari di altre classi. In generale, per via dell’assioma di fondazione, che<br />

esclude l’autoappartenenza, tale unità non appartiene all’insieme originario. In questo<br />

senso sta fuori o ex-siste da quello. Per contro, la “elementarizzazione” non risulta<br />

possibile nelle classi proprie, che non sono circoscrivibili – quindi unificabili – da una<br />

frontiera che stabilisca cosa sta dentro e cosa fuori. Per via dell’impossibile unificazione<br />

del tutto nell’elemento, arriviamo ad affrontare la questione femminile.<br />

L’EFFETTO FEMMINILE<br />

<strong>La</strong> femminilità non è una sostanza, non è un substrato, non è un accidente, non è… A<br />

lavorare con i termini positivi ricevuti dalla tradizione filosofica occidentale pare che<br />

non ci sia scampo: della femminilità si riesce a parlare solo in termini negativi. On la<br />

diffâme, ironizza <strong>La</strong>can nel XX Seminario, giocando con la rima di âme, anima. 189<br />

Sembra che l’unica alternativa praticabile sia rifugiarsi nell’ineffabile e non parlare di<br />

femminilità per tutto il resto della nostra vita. Questo è precisamente l’errore da evitare.<br />

Che la femminilità non si possa definire come unica e categorica, non toglie la<br />

possibilità che se ne possa parlare in termini parziali. <strong>La</strong> femminilità è come certi<br />

infiniti troppo grandi. Non possono essere trattati in modo completo, senza incorrere in<br />

contraddizione. Se ne può parlare in modo parziale, a metà strada tra l’allegra<br />

chiacchiera e il silenzio inibito.<br />

187 Non esiste proposizione universale che non sia limitata da un esistenza che la nega. J. <strong>La</strong>can,<br />

L’étourdit, “Scilicet” 4, Seuil, Paris, 1973, p. 7. Probabilmente <strong>La</strong>can orecchia l’assioma di<br />

fondazione della teoria degli insiemi, <strong>secondo</strong> cui ogni insieme non vuoto x contiene un<br />

elemento y che non ha con x alcun elemento in comune. L’assioma di fondazione fu escogitato<br />

per evitare insiemi appartenenti a se stessi, di cui si temeva l’antinomicità. Oggi si sa che tali<br />

insiemi non sono più contradditttori di tanti altri (Aczel).<br />

188 Una nozione che <strong>La</strong>can stesso, dopo averla proposta ai tempi del III Seminario per indagare<br />

le psicosi, lascia cadere. Vent’anni dopo, nel Seminario XXIII su Joyce, <strong>La</strong>can torna a usare il<br />

termine tedesco Verwerfung.<br />

189 J. <strong>La</strong>can, Le Séminaire. Livre XX, Encore, Seuil, Paris 1975, p. 79.

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