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Spazio e sapere - La Psicanalisi secondo Sciacchitano

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Anche il cappio che contorna la sfera può, scivolando su di essa, contrarsi nel punto<br />

di origine. Se, invece, al posto della sfera, c’è un toro, la contrazione a un punto non è in<br />

generale possibile. Accanto ai cappi contraibili compaiono gli incontraibili. Questi<br />

ultimi sono quelli che attraversano il “buco” dell’anello e lì incontrano una resistenza<br />

definitiva alla contrazione in un punto (Fig. 31).<br />

Fig. 31<br />

Il linguaggio chiama “buco” tale resistenza. Il buco è l’impossibilita strutturale,<br />

introdotta dal toro nello spazio circostante. Con la sua sola presenza il toro rende lo<br />

spazio circostante disomogeneo rispetto alla contraibilità dei cappi. <strong>La</strong> forma logica di<br />

tale impossibile omotopico è l’universale negativo: non tutti i cappi si sciolgono (si<br />

contraggono). Alcuni tengono. Senza la topologia, in particolare, senza l’omotopia, non<br />

avremmo mai saputo che il buco è anche questo: una presenza non negativa che produce<br />

effetti positivi di disomogeneizzazione. Il termine ricorda la Entmischung, che Freud<br />

usa per descrivere lo smescolamento delle pulsioni. Quelle erotiche se ne vanno per loro<br />

conto, verso l’uno – nel caso verso la contraibilità in un punto – quelle di morte<br />

continuano a mantenere aperta una beanza – nel caso la non chiusura in un punto.<br />

L’effetto è “causato” dalla struttura dell’apparato psichico (a patto di intendere la<br />

causalità psichica in modo più debole di quello di ragion sufficiente).<br />

LA DOPPIA INVERSIONE<br />

Il doppio non si esaurisce facilmente. Come ha notato Otto Rank, il doppio si<br />

presenta in una serie di forme equivalenti, che vanno dal rivale in amore al messaggero<br />

di morte. Nel caso del quadrato, dopo l’identificazione diretta, il matematico è portato a<br />

considerare altre duplicazioni: la doppia identificazione inversa e l’identificazione<br />

mista, per metà diretta e per metà inversa. <strong>La</strong> prima genera il piano proiettivo, detto<br />

impropriamente cross-cap e l’altro la già citata bottiglia di Klein.<br />

Della struttura del piano proiettivo, giusta la formula: “una struttura, più modelli”,<br />

diamo due presentazioni equivalenti. Una parte dal “quadrato pieno”, l’altra da quello<br />

“vuoto”. Pieno e vuoto, come dentro e fuori o come aperto e chiuso, si interscambiano<br />

facilmente in topologia. Ogni struttura topologica, che trasformi l’insieme sostegno X in<br />

spazio topologico, contiene l’aperto pieno, cioè X stesso, e l’aperto vuoto, cioè<br />

l’insieme vuoto (senza elementi). 88 Di più, essendo complementari l’uno dell’altro, il<br />

vuoto e il pieno al tempo stesso aperti e chiusi, in inglese clopen. Quando gli unici<br />

clopen sono il pieno e il vuoto, lo spazio topologico si dice connesso.<br />

<strong>La</strong> sequenza che porta al piano proiettivo dal quadrato pieno è riportata in Fig. 32.<br />

88 In termini di assiomi bourbakisti l’insieme vuoto è il risultato dell’unione vuota di aperti,<br />

mentre l’insieme pieno è il risultato dell’intersezione vuota di aperti.

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