Spazio e sapere - La Psicanalisi secondo Sciacchitano
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che “tutte” le verità siano dimostrabili, confligge con la coerenza. Il matematico si trova<br />
di fronte al dilemma: o la coerenza o la completezza, come o la borsa o la vita. Se vuole<br />
un sistema coerente, deve accettare che fuori della sua portata deduttiva rimangano certe<br />
affermazioni vere. L’affermazione di coerenza è una di queste. (L’analista è portato<br />
all’opzione inversa del matematico: accetterebbe tutta la verità, a prezzo di qualche<br />
incoerenza). L’indecidibilità, cioè la richiesta di un algoritmo generale che decida<br />
meccanicamente, cioè con la massima sicurezza, se un enunciato è un teorema oppure<br />
no, emerge già prima dell’incompletezza, per esempio nella logica dei predicati di<br />
primo ordine (che pure è completa). È come in analisi. Non esiste un metodo generale<br />
per accertare la verità del discorso del paziente. Bisogna ascoltare e decidere di volta in<br />
volta. Il discorso vero, afferma Freud in Costruzioni in analisi, produce altre verità.<br />
Quello falso, come il fico pieno di foglie ma senza frutti, è sterile.<br />
È grave? Non più di tanto. Il matematico non è filosofo: sa lavorare nell’ignoranza.<br />
Non è neppure un tecnico: sa lavorare senza garanzie e senza fondamenti. Il matematico<br />
è un ignorante dotto: non <strong>sapere</strong> se il suo lavoro è fondato e coerente non diminuisce di<br />
uno iota il suo saperci fare con i simboli. In pratica al matematico basta costatare,<br />
giorno per giorno, se ha fatto un buon lavoro o le sue argomentazioni sono migliorabili.<br />
Ci siamo dilungati nella storia a fumetti della matematica per trarre da una storia del<br />
<strong>sapere</strong>, quale la matematica è, argomenti per arginare, ridicolizzandolo, il tormentone<br />
con cui certi epistemologi affliggono gli analisti. Intendo dire il problema dei<br />
fondamenti. Se ci sono, se non ci sono, se sono scientifici, se non lo sono, pare che i<br />
filosofi non sappiano parlare d’altro quando parlano di psicanalisi. Quasi obbligano a<br />
rimpiangere i tempi in cui si discettava sull’esistenza dell’anima. (È un problema:<br />
l’apparato psichico freudiano è un’anima? Brentano risponderebbe di no).<br />
Con il suo inconscio l’analisi mette in funzione un <strong>sapere</strong> senza fondamenti che<br />
possano essere saputi, ossia dimostrati per certi. Con l’analista l’analisi mette in campo<br />
un <strong>sapere</strong> non comune, che neppure l’analista sa, come il matematico non sa quello<br />
della matematica e il parlante quello del linguaggio. Che però usa, come matematico e<br />
parlante usano il <strong>sapere</strong> matematico e linguistico. Certo, dai risultati si può dedurre, ma<br />
solo a posteriori (il termine freudiano è nachträglich), se l’analitico è un <strong>sapere</strong> fondato<br />
e coerente. L’aspetto divertente è che, di regola, l’atto che mette in azione il <strong>sapere</strong><br />
inconscio è un atto mancato. Il falso ricordo dice la verità della storia del soggetto. Ciò<br />
fa problema al logico. Come può il falso dire il vero? Torniamo al paradosso, in<br />
particolare a quello del mentitore che dice. “Io mento”. Non c’è paradosso. Il mentitore<br />
non mente, se dice il vero, ossia che dice il falso, né dice il vero, se dice il falso, cioè<br />
che dice il vero. Il mentitore vuole semplicemente ingannarci attraverso l’enunciato<br />
sullo statuto della sua enunciazione, che non è quello che traspare dall’enunciato. C’è<br />
un enunciazione in lui. Il suo enunciato è altra cosa. <strong>La</strong> prima serve a agitare un <strong>sapere</strong> e<br />
può interessare l’analista. Il <strong>secondo</strong> è un fossile da museo e può interessare solo i<br />
professori di logica. 25<br />
Ciò riporta all’analisi come pratica. Ma pare che l’idea di un’analisi esclusivamente<br />
pratica sia indigesta sia a quei filosofi, e sono i più, che vogliono dimostrare che<br />
l’analisi non è scientifica, sia agli epistemologi, per fortuna sono i meno, che vogliono<br />
dimostrare che l’analisi è scientifica, perché la sua teoria è topologica.<br />
A proposito, siamo ancora lontani dalla topologia.<br />
25 Tra i più seri citiamo Barwise ed Etchmendy, che sfruttano il paradosso del mentitore per<br />
estendere la teoria degli insiemi agli insiemi autoriflessivi, ossia che contengono se stessi, un<br />
tempo annusati come potenzialmente contraddittori. L’operazione dimostra che paradosso non<br />
significa necessariamente contraddizione. (Detto per i famosi paradossi di Zenone, fatti<br />
circolare nella scuola ontologica per eccellenza – la parmenidea: una cosa è pensare ed essere –,<br />
come dimostrazioni per assurdo dell’inesistenza del movimento).