Spazio e sapere - La Psicanalisi secondo Sciacchitano
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Dal punto di vista analitico <strong>La</strong>can è giustificato nel suo modo di procedere. Da<br />
analista si serve del taglio per “scollare” le identificazioni, anche quando fa la teoria<br />
dell’analisi. Opera con disidentità piuttosto che con identità. Da qui certe apparenti<br />
bizzarrie, non tanto della teoria in sé, ma di alcune sue presentazioni.<br />
L'identificazione pone due cose diverse come uguali. Poggia sul principio di identità,<br />
per cui una cosa è uguale a se stessa, quindi alle altre uguali, e genera equazioni, che<br />
rappresentano casi particolari di identità, cioè equazioni. tra cose diverse. Il taglio,<br />
invece, è l’esatto contrario ontologico dell’identificazione. Logicamente il taglio è una<br />
disequazione: rende diverse due cose uguali. Di una cosa, non necessariamente uguale a<br />
se stessa, fa due cose diverse. Il taglio introduce nel discorso la disidentità. Che non<br />
vuol dire che tutto diventa diverso da tutto, ma che qualcosa – là dove passa il taglio –<br />
diventa diversa da se stessa. È questa la ragione per cui il taglio si presta a incarnare il<br />
significante, che non significa sé stesso ma il soggetto per un altro significante. E ciò è<br />
strutturale in senso analitico, cioè sostenuto da un impossibile. <strong>La</strong> “linea senza punti”<br />
del taglio coincide con se stessa solo in senso vuoto. (Nel senso in cui, diceva <strong>La</strong>can,<br />
tutti i vasetti di mostarda contengono lo stesso vuoto. Bourbaki conferma: tutti gli<br />
insiemi vuoti sono estensionalmente equivalenti, nel senso che contengono gli stessi<br />
elementi, cioè nessuno). Infatti, là dove è stato operato un taglio è materialmente<br />
impossibile condurne un <strong>secondo</strong> identico al primo, perché non ci sono più punti da<br />
annullare.<br />
Per formalizzare il discorso occorrerebbe una matematica della diversità, o meglio<br />
dell'alterità. Per fortuna o per sfortuna – non sappiamo – la matematica si basa sul<br />
principio di identità, almeno entro porzioni ristrette di teoria. Considerazioni di alterità,<br />
quali quelle introdotte dai tagli, si fanno di volta in volta nei limiti concessi dalla<br />
struttura. È quanto tenta <strong>La</strong>can con la sua “topologeria”, che non è né analitica né<br />
sintetica. Che cos'è? Per precisare la natura della geometria lacaniana dovremmo<br />
inventare un terzo termine che superi la desueta contrapposizione analisi/sintesi.<br />
Fortuna che non ne abbiamo bisogno. Ci basta dire che la teoria lacaniana del soggetto<br />
del desiderio è analitica in senso psicanalitico. Analisi in psicanalisi non è la stessa cosa<br />
che in filosofia analitica. <strong>La</strong> filosofia costruisce visioni dei mondo, tanto più analitiche<br />
quanto i pezzi iniziali sono “piccoli”. L'analisi tratta le visioni del mondo e le<br />
concezioni della storia come fantasmi. Li decostruisce, per usare il bel neologismo<br />
filosofico di Derrida. In questo è scientifica. Tende al non essere, come le freudiane<br />
pulsioni di morte tendono all’inorganico. Ma il risultato, e soprattutto il percorso, non<br />
sono scontati a priori.<br />
CON NODI E CATENE<br />
Ribadiamo il concetto. Non siamo qui per volgarizzare la topologia lacaniana. Non<br />
vogliamo fare lavoro di scuola, per dimostrare la nostra appartenenza a un’ortodossia e<br />
la superiorità della nostra sulle altre. D’altra parte, simmetricamente, voi non siete qui<br />
per assaggiare la traduzione di un discorso esoterico in comune. L’applicazione di<br />
un’ortodossia alla realtà non è criterio psicanalitico di validazione delle interpretazioni o<br />
dei modelli metapsicologici. <strong>La</strong> verità analitica non si misura dall’adeguamento a<br />
qualche schematismo, più o meno ortodosso, ma si esprime nella capacità di generare<br />
altre verità, anche teoriche. Freud dixit in Costruzioni in analisi. Il nostro è il lavoro del<br />
concetto. Vorremmo avanzare concetti metapsicologici minimamente innovativi, via la<br />
topologia. Pretendiamo, perciò, giustificare l’interesse della psicanalisi per l’approccio<br />
topologico, non produrre risultati topologici nuovi. E anche la nostra giustificazione va<br />
presa con giudizio. Non ci interessa argomentare la necessità della topologia come<br />
condizione trascendentale di ogni futura metapsicologia che voglia presentarsi come