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Spazio e sapere - La Psicanalisi secondo Sciacchitano

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lineari, quadratici e astronomici. Un buon algoritmo d’ approssimazione ha un enorme<br />

valore euristico. Ma il greco, da idealista, non ne coglieva la portata. Per lui la soluzione<br />

o era esatta o non era. Perciò la sua matematica, benché rigorosa, restò arte e non generò<br />

scienza, cioè un <strong>sapere</strong> nel reale. <strong>La</strong> buona approssimazione della proporzionalità tra<br />

tempi e quadrati degli spazi nel moto dei gravi, un’approssimazione astratta, perché in<br />

realtà, a causa degli attriti, non era “reale”, restava fuori dalla portata della mentalità<br />

greca. Il movimento era per lei un fatto naturale: ogni cosa andava al suo posto, C’era<br />

un posto per ogni cosa e una cosa per ogni posto. <strong>La</strong> “vera” fisica cominciò con<br />

l’indebolimento dell’idea di cosmo. Ci vollero il melting pot dell’Europa latina e il<br />

lungo corridoio teologico medievale per svincolarsi dal naturalismo quel tanto da<br />

circoscrivere un primo abbozzo di reale: il moto senza causa efficiente né finale. Il moto<br />

inerziale senza causa fu l’orrido concettuale che il processo a Galilei tentava di<br />

esorcizzare.<br />

Alla dimostrazione dell’impossibilità della trisezione dell’angolo con riga e<br />

compasso si arriva solo nel Rinascimento con Scipione dal Ferro, che scoprì<br />

l’occorrenza dei numeri immaginari (detti impossibili) nelle formule risolutive<br />

dell’equazione di terzo grado (che non volle pubblicare). Il lungo percorso<br />

dall’impotenza all’impossibilità si era concluso. Ora possiamo dire che all’alba del<br />

pensiero formale dell’occidente l’impossibile giocò come elemento... ma lasciamo i<br />

puntini ancora per un po’.<br />

CHE NUMERI, CHE FIGURE<br />

Gli oggetti intorno a cui si esercita il <strong>sapere</strong> matematico dell’epoca classica – ma<br />

anche successivamente, fino agli algebristi italiani del Rinascimento, direi, fino al<br />

Seicento, fino a Leibniz, che introdusse un nuovo calcolo, detto poi sublime, sugli<br />

infinitesimi – sono essenzialmente tre: il numero, la misura e la figura.<br />

Forse non avete idea di cosa fosse per il greco antico (ma il latino non era meglio<br />

messo), cosa fosse concepire, cioè rappresentare mentalmente, un numero, diciamo<br />

4578 e operare con esso, per esempio elevarlo al quadrato. <strong>La</strong> difficoltà stava nel fatto<br />

che i Greci, come i <strong>La</strong>tini, non disponevano di un metodo efficiente per cifrare i numeri.<br />

<strong>La</strong> loro cifratura era macchinosa e inefficiente. Infatti, possiamo dire ora, non sfruttava<br />

a fondo le proprietà topologiche della scrittura: posizionalità e spaziatura. In Grecia,<br />

come in Palestina, la cifratura si basava sulle lettere dell’alfabeto, con o senza apici, e su<br />

un principio additivo ordinale che sommava le cifre (le lettere) dalla più alta alla più<br />

bassa. L’assenza di trasparenza notazionale produsse i suoi effetti. Tra i Greci il<br />

misticismo pitagorico. Poiché il numero non è rappresentabile, è letteralmente dio.<br />

Perciò è alla base di tutto. Tra gli Ebrei il movimento cabalistico che, complice la<br />

confusione tra cifre e lettere, cercava nelle Scritture significati numerici nascosti. <strong>La</strong><br />

Cabala giudaica, ricordiamo, non l’ermeneutica cristiana, prepara l’interpretazione<br />

freudiana, prevalentemente sintattica e indipendente dal significato.<br />

Con la difficoltà di rappresentare il singolo numero contrasta la relativa facilità con<br />

cui i Greci ne maneggiavano infiniti. Infatti, conoscevano diverse particolari serie<br />

infinite di numeri: le terne pitagoriche, (la somma dei quadrati dei due più piccoli<br />

eguaglia il quadrato del massimo), i numeri figurati (triangolari, quadrati, piramidali…),<br />

i numeri primi. <strong>La</strong> prima dimostrazione di infinità è proprio quella euclidea, data per<br />

assurdo, dell’infinità dei numeri primi. Tuttavia, per indicare la serie dei numeri<br />

naturali, Euclide inizia con uno, due, tre (A, B, Γ…) e finisce con il così via. Nacque<br />

allora l’infinito potenziale, cioè il finito che si può ìndefinitamente accrescere, ma non<br />

si dà tutto una volta per tutte (infinito attuale).

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