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Spazio e sapere - La Psicanalisi secondo Sciacchitano

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igorizzato l’analisi infinitesimale e sviluppato la teoria delle funzioni di variabile<br />

complessa, avviata da Gauss. Nella notte fatale precedente il duello, Galois creò la<br />

teoria dei gruppi. Grassmann la formalizzò. Cayley ne diede modelli particolari e<br />

universali. <strong>La</strong> geometria trovava sbocchi non euclidei in Riemann, Lobacewski e<br />

Bolyai. Boole, Frege e Peirce avevano riformulato, in una nuova scrittura, la logica<br />

aristotelica e risolto il problema della deduzione di Leibniz, concependo sistemi logici<br />

puramente assiomatici-deduttuivi. Weierstrass e Heine avevano aritmetizzato l’analisi,<br />

quando nel 1895-1897, scoppiò la bomba Cantor: l’aritmetica dei numeri oltre il finito,<br />

o transfiniti. Era troppo. <strong>La</strong> matematica come oggetto si allontanava sempre più dalla<br />

matematica come ideale. <strong>La</strong> prima diventava sempre più ricca e complessa: la seconda,<br />

chiusa nel proprio platonismo, sempre più ... uguale a se stessa.<br />

A questo punto, come sanno gli analisti che non hanno ancora ammassato la loro<br />

sensibilità in qualche recinto istituzionale, quando oggetto del desiderio e ideale dell’io<br />

divergono: “Lo sgomento prende l’uomo che scopre la figura del suo potere è tale da<br />

stornarlo dalla stessa azione che gliela mostra nuda”. 24 Orrore dell’atto quando il <strong>sapere</strong><br />

esce dallo schema ricevuto (i filosofi lo chiamano trascendentale). È il caso della<br />

psicanalisi, oggi. Fu il caso della matematica all’inizio del secolo. Con una differenza:<br />

la psicanalisi s’è barricata nelle proprie istituzioni professionali. <strong>La</strong> matematica ha<br />

invaso il pianeta. Una si è chiusa in difesa, l’altra è partita all’attacco. Nell’ultimo<br />

secolo si è fatta più matematica, benché non tutta di alto livello, che in tutta la storia<br />

della civiltà. Nello stesso secolo, che qualcuno vorrebbe intitolare alla psicanalisi, dopo<br />

la scomparsa dei padri fondatori, si è fatta sempre meno psicanalisi e sempre più<br />

psicoterapia.<br />

Ripartiamo da Cantor. Cos’è un insieme? Nessuno lo sa. Giustamente, Cantor non ne<br />

diede la definizione ma una parafrasi che suona pressappoco così: una collezione di<br />

elementi (oggetti) chiari e distinti, considerati indipendentemente dalla loro natura e dal<br />

loro ordine. L’insieme è una porzione di res extensa cartesiana. Allora il matematico,<br />

che è portato a generalizzare, si chiede: l’insieme di tutti gli insiemi è un insieme<br />

(paradosso di Cantor)? l’insieme di tutti gli insiemi che non contengono se stessi come<br />

elementi è un insieme (paradosso di Russell)? Questa volta la via della generalizzazione<br />

porta a paradossi. Lo schema paradossale è sempre lo stesso: se rispondi sì, concludi di<br />

no; se rispondi no concludi di sì. Succede a livello intellettuale come nel campanello<br />

elettrico: se il circuito si apre, si chiude; se si chiude, si apre.<br />

In realtà i paradossi sono un campanello d’allarme. Segnalano che la domanda è in<br />

stato di sofferenza. Sono un modo, tentato dalla mentalità rigidamente binaria (“Sia il<br />

vostro parlare sì, sì, no, no”), di colmare il vuoto tra verità e <strong>sapere</strong>, potenzialmente<br />

sovversivo per le nostre istituzioni, non solo epistemiche. Infatti, quella degli insiemi è<br />

la più potente teoria matematica di cui disponiamo. Padroneggiarla, addomesticarla,<br />

adeguarla alle esigenze istituzionali. Ecco cosa tentano di fare, impropriamente, i<br />

paradossi. Meglio fecero i formalisti della scuola di Hilbert, che colse il nocciolo del<br />

problema: si trattava di prendere le distanze dal platonismo, che confonde reale e<br />

razionale. E lo fecero riducendo le teorie matematiche a sistemi combinatori di simboli.<br />

Fallirono, naturalmente, perché in ogni teoria matematica gioca sempre un po’ di<br />

metamatematica, diciamo un po’ di infinito, che non si lascia inscrivere in un sistema<br />

finito di assiomi e di regole deduttive.Ma ìl loro tentativo non fu inutile.<br />

Proprio sfruttando l’interazione tra matematica e metamatematica, tra finito e<br />

infinito, Gödel prima, Tarski, Church e altri dopo dimostrarono la divaricazione, tipica<br />

di molte teorie matematiche sufficientemente ricche, a cominciare dall’aritmetica<br />

elementare, tra due piani: espressivo e dimostrativo. <strong>La</strong> completezza, cioè la richiesta<br />

24 J. LACAN, Funzione e campo della parola. Introduzione.

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