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Spazio e sapere - La Psicanalisi secondo Sciacchitano

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la pluralità anche quando si presenta sotto la forma dell’identità. <strong>La</strong> topologia è<br />

un’espressione di questa prudenza. Se essa è <strong>sapere</strong> sullo spazio, l’initium sapientiaenon<br />

è il timor domini, che imporrebbe una sola struttura, ma <strong>sapere</strong> che nello spazio esistono<br />

più strutture spaziali.<br />

Questione. Che il reale sia struttura fa pensare che tutto ciò che non è strutturato non<br />

è reale. Penso alla struttura come a qualcosa che permette di strutturare il reale.<br />

Il suo proposito non è banale, è ingenuo. Lei parla di strutturare il reale come se al<br />

reale si possa imporre alcunché, una struttura nel caso. Lei pensa al reale in modo<br />

antropomorfo come all’argilla che il vasaio modella. Il discorso strutturalista “aggira” il<br />

reale da fuori. Il reale ex-siste. Sta fuori da tutte le manipolazioni ammesse dalla<br />

struttura. Se sia strutturato, si sa ma non si può dire. Per abuso di linguaggio diciamo di<br />

sì. In realtà è un’estrapolazione dal noto all’ignoto. Il reale non si può classificare entro<br />

uno schematismo a priori. Vede questo mio andare e venire alla lavagna, utilizzare<br />

pennarelli colorati, disegnare triangoli, sbagliare e correggermi in continuazione ... Cosa<br />

sto facendo? In realtà non lo so bene neanch’io. <strong>La</strong>voro. Con cosa? Con la mia e la<br />

vostra ignoranza. A cosa? Non lo so. Giro attorno a qualcosa che mi attira ma, se mi<br />

avvicino troppo, mi respinge. Il risultato è che il reale continua a sfuggirmi, anche se in<br />

un certo senso, “aderisce” al mio lavoro. Un lavoro, il dettaglio non vi può sfuggire, da<br />

analizzante.<br />

Nella fattispecie il concetto di struttura mette alla prova, rivelandone tutta<br />

l’impotenza, la mia capacità didattica. Tuttavia, via via che l’impotenza si estenua,<br />

l’impossibile si evidenzia, prende forma, organizza il mio dire, struttura il reale come<br />

preferisce dire lei. Ma, vede, non vorrei enfatizzare l’aspetto immaginario della<br />

questione, che tanti filosofi ha affascinato, primo fra tutti Platone, con le sue idee<br />

modello delle cose, e Aristotele, con la sua potenza che si fa atto. A monte<br />

dell’immaginario a noi interessa il simbolico, dove l’impossibile è portato da una<br />

combinazione di simboli, eventualmente infinita. Dobbiamo esser pronti a accettare che<br />

la struttura sia un oggetto limite, non manipolabile, tuttavia aderente a una successione<br />

di significanti<br />

1, 1, 1, ... 1,… (a).<br />

Ma per trattare il concetto di limite occorre la topologia. Infatti, anche il concetto di<br />

limite è strutturale. li limite non varia per trasformazioni topologiche, o continue, ossia,<br />

come vedremo, quelle che conservano le relazioni di vicinanza.<br />

È un discorso di matemi che intendo avviare oggi, mi segue? I matemi sono unità di<br />

<strong>sapere</strong>, non necessariamente saputo, che si trasmettono integralmente per via di<br />

scrittura. Un esempio molto citato da Russel: gli scacchi. Le regole del gioco sono<br />

matemi. Si tramandano da secoli senza <strong>sapere</strong> cosa sono gli scacchi. Dice Russell: gli<br />

scacchi sono le loro regole. Le regole, insieme alle loro trasformazioni isomorfe,<br />

definiscono la struttura degli scacchi. Noi non la conosciamo, tanto è vero che non<br />

possediamo l’algoritmo che fa vincere il bianco (pur sapendo che tale algoritmo esiste),<br />

ma la sperimentiamo quando vinciamo, perdiamo o pattiamo una partita. In termini più<br />

analitici si può anche dire che, partita dopo partita, siamo investiti da un godimento in<br />

eccesso rispetto a quanto il nostro <strong>sapere</strong> ne vuole o può <strong>sapere</strong>. Si può chiamare<br />

godimento dell’Altro. 32<br />

32 Sull’infinitezza del godimento dell’Altro, contrapposto alla finitezza del godimento fallico,<br />

segnalo un passo degli Ecrits: C’est la seule indication de cette jouissance dans son infinitude<br />

qui comporte la marque de son interdiction, et, pour constituer cette marque, implique un<br />

sacrifice: celui qui tient en un seul et même acte avec le choix de son symbole, le phallus.

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