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Tesi_Manuela Prencipe PDF - EMDR Italia

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il trauma traumatico, non sono tanto gli eventi in sé che si ripetono cumulativamente,<br />

ma il fatto che il soggetto non viene assistito, rimane solo e subisce “un’omissione di<br />

soccorso”. Il trauma non trova un ambiente capace di accoglierlo, di contenerlo e di<br />

riconoscerlo (Borgogno, 2007). Il vissuto terrificante e incomprensibile, viene negato,<br />

disconosciuto, non viene integrato, per cui non è rappresentabile psichicamente. Come<br />

conseguenza, la propria psiche viene privata di spazi mentali propri (Borgogno, 1999).<br />

“Il bambino risulta infatti espropriato di qualcosa di suo e di specifico, trovandosi<br />

depositato internamente qualcosa di alieno ed estraneo, che proviene da altri e che in<br />

molti casi uccide ogni vita e ogni crescita” (Borgogno, 1999, p.101). Il trauma<br />

complesso, dunque, può comportare effetti significativamente gravi, soprattutto quando,<br />

chi lo subisce, è nel pieno sviluppo della personalità. Esso va a minare tutte quelle<br />

“capacità di autoregolazione psicobiologica, di adattamento all’ambiente interpersonale,<br />

di costruzione dell’immagine di sé [...] nella regolazione delle emozioni” (Farina, Liotti,<br />

2011b, p.22), e può comportare la comparsa dei sintomi del PTSD, della dissociazione e<br />

dell’alterazione dell’identità (Farina, Liotti, 2011b).<br />

In conclusione, possiamo porre l’attenzione sul fatto che il trauma può essere concepito<br />

in diversi modi: come “evento traumatico”, un evento stressante singolo e circoscritto<br />

che minaccia le capacità di resistenza del soggetto, come “sviluppo traumatico”, traumi<br />

che si ripetono in maniera cumulativa, da cui è impossibile sottrarsi. Si tratta, quindi, di<br />

traumi complessi (Farina, Liotti, 2011a). Recentemente si è iniziato a parlare di un altro<br />

tipo di trauma, il “trauma relazionale precoce” (Schore, 2002), un tipo di trauma<br />

complesso, caratteristico dei primi due anni di vita, che coincide con la<br />

disorganizzazione dell’attaccamento, caratterizzato da interazioni tra il bambino e la<br />

figura di accudimento basate su un contagio della paura, espressa dall’adulto e assorbita<br />

dal bambino (Liotti, 2005a). Questo tipo di paura è detta “paura senza sbocco”, ed è<br />

determinata da figure di accudimento trascuranti, maltrattanti, dissociate, spaventate, la<br />

quale presenza non fornisce protezione e sicurezza, ma pericolo e trauma ripetuto. Di<br />

fronte a questo terrore, il bambino non ha via d’uscita, non ha una soluzione e, come<br />

conseguenza, non ha la possibilità di organizzare e integrare in modo adattivo e<br />

coerente il suo sistema di attaccamento (Farina, Liotti, 2011b). “Se le condizioni di<br />

minaccia interpersonale […] si verificano in maniera ripetuta durante l’infanzia e<br />

l’adolescenza (o non si combinano a particolari fattori di protezione), determinano uno<br />

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