Gli albori del melodramma - Arteconvivio Italia

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gini cosi mostruose; ma ben fece maravigliar più le genti il veder
dinanzi a quella infocata bocca dalla parte di fuori, dove risplendeva
una certa poca luce caliginosa e mesta, la bella Veneì^e, ch'aveva
per mano il suo bel figlio Amore , la quale al suono di dol-
cissimi stormenti ch'erano dietro alla scena, cantò con voce molto
soave gl'infrascritti versi in dialogo con Amore.
De l'implacabil Dio
Amore. (1)
Eccone giunti a '1 regno;
Seconda^ bella madre, il pregar mio.
Non tacerà mia voce
Venere.
Dolce lusinghe e preghi^
Fin che l'alma feroce
Del Re severo al tuo voler non pieghi.
Amore.
Ferma, madre, il bel pie, non por' le piante
Nel tenebroso impero
Che l'aer grave e nero
Non macchiasse il candor del bel sembiante:
Io sol n'andrò per la magione oscura
E, pregando, il gran Re trarrotti avante.
Venere.
Va pur come t'aggrada; io qui t'aspetto.
Discreto pargoletto.
Finite ch'ebbe Venere queste ultime parole, Amore se n'entrò
tutto ardito entro quella profonda voragine, passando tra fuochi
e fiamme senza patir alcuna offesa; e 'n tanto Venere volgendosi
a gli spettatori e riguardando le Dame che gli erano a fronte,
cantò di questa maniera:
(1) Qui comincia l'odlz. separata intitolando Venere e Amore.