Gli albori del melodramma - Arteconvivio Italia

— 286 —
Da quel di che l'aurea briglia
Resse Febo a' destrier suoi.
Non mirò si grandi eroi
De la terra alto ornamento.
Di Sirene ecc.
Non è piaggia, non è lido
Sì remoto e si deserto
Che non lasci il varco aperto
Del gran Cosmo al chiaro grido.
L'aspro Scita e '1 Moro infido,
Mesto il ciglio, irto le chiome,
Grela e trema al suon del nome,
Né pur d'or segnato ha il mento.
Di Sirene ecc.
Ne l'aurata antica sede
Dei gran E,e de l'Arno assiso,
qual fuor del nobil viso
Maestà splender si vede !
Indi mai senza mercede
Non voltò virtù le piante.
Ben l'ingiusto anco, l'errante
Sa punir, ma tardo e lento.
Di Sirene ecc.
Comparvero intanto sovra 1' onde più Deità marittime , altri
sedeano sopra delfini, altri sovra le nicchie, e procedendo a guisa
di pomposo corteggio fecero di sé stesse nobilissima mostra , fin-
ché comparve il nobilissimo carro di Tetide , tutto fabbricato di
spugne argentate, ed adorno di vari nicchi ed erbe marittime, ti-
rato da due delfini frenati con briglie d'argento da una Ninfa di
Tetide, che nel passare del continuo guizzando, movevano la bocca
e l'estremità loro, come se vivi fossero. Né minor vaghezza ap-
portò il veder le ruote dell'istesso carro, formate di coralli e con-
chiglie, con il continuo moto voìgersi sopra l'onde, finché il carro
Si condusse al mezzo della scena; nel qual tempo terminando per
l'appunto il canto delle Sirene ed altre Deità, si senti nuova e
folta armonia di vari instrumenti, che dolcemente e vivamente ne
fecero sentire un'aria dilettevole e grave, mentre che Tetide, con
misurato tempo e grazioso movimento, del carro scendendo e mo-