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gono la prima parte (fronte) e dall’insistenza sulla ripetizione (vv. 1-2 ama,<br />
amar, amare), tratto importante di cui parleremo più ampiamente nei prossimi<br />
paragrafi, come su espedienti retorici consimili quali le figure etimologiche<br />
dei vv. 6-8 (parola […] parlare) e 3-9 (soferitore […] sofrire) o quella<br />
antinomica dei vv. 4-11 (isforzare ”reprimere” […] si sforza ”cerca”) o ancora<br />
parallelismi come quello che lega i vv. 11 e 13 (che la gente si sforza di<br />
maldire […] che l’omo si diletta più di dire).<br />
In altri sonetti questo elemento artificioso risulta accentuato. Si<br />
pensi a quello sul paragone tra l’amore e la luce «Sì come il sol che manda<br />
la sua spera», costruito interamente su rime identiche o equivoche; oppure<br />
a «A l’aire claro ò vista ploggia dare», tutto intessuto di antitesi; o ancora<br />
alla coppia sul viso, «Lo viso mi fa andare alegramente» e «Eo viso-e<br />
non diviso-da lo viso», basantesi, al pari di «Angelica figura e comprobata»,<br />
su un ampio reticolo di rime interne.<br />
Giacomo da Lentini esegue infatti un vero e proprio tour de force,<br />
un audace ”rodaggio” del neonato sonetto con i due «Lo viso mi fa andare<br />
alegramente» e «Eo viso-e son diviso-da lo viso» entrambi composti<br />
sulla ripetizione della parola viso. Il primo componimento ha un ritmo<br />
cantabile, il secondo può appartenere a diritto alla obscura brevitas.<br />
La ripetizione di parole o derivati da esse in rima è frequente nei Siciliani<br />
- e lo vedremo più avanti - ma nel nostro caso raggiunge il massimo<br />
livello e l’ adnominatio e derivatio (Folena 1965:311) 56 del testo, così concepite,<br />
danno forma all’immoderata cogitatio da cui amore, ”ex visione”, si<br />
origina. Il viso di madonna è moltiplicato con l’Eo viso, lo sguardo del<br />
poeta, creando cosi un’ambiguità dei ”viso” e ”veduto”, l’Io (che vede)<br />
dell’amante e il viso inteso come immagine veduta. «Eo viso» è dunque<br />
un sonetto di enorme complessità retorica costruito sull’artificio<br />
dell’adoublement grazie al quale lo svolgimento del sonetto «è caratterizzato<br />
da (…) variazioni equivoche a un precedente e positivo asserto»<br />
(Damiani 1983:83). Nella seconda parte dell’ottava si propone un’unione<br />
amorosa con il viso paradisiaco che, pur richiamandosi all’universale<br />
accezione del paradiso quale vista di Dio, resta nel circolo chiuso della<br />
soggettività rimirante (ivi:86). Madonna infatti è solo un’immagine interiore<br />
dell’Io che il suo ragionamento cerca di fissare (vv. 5-8):<br />
56 Il Curtius così definisce l’adnominatio: «[essa] per la retorica antica intende<br />
l’accumulazione di differenti flessioni della stessa parola e dei suoi derivati, o ancora<br />
di omonimi o di parole a consonanza ravvicinata (Curtius 1992:220)<br />
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