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siciliana

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ma il poeta dichiara di volerci andare solo a condizione che con lui sia<br />

la sua donna, quella c’à blonda testa e claro viso, e ciò non perch’io peccato<br />

ci volesse fare, ma per potere contemplare la sua bellezza e vederla in<br />

gloria.<br />

Proprio quest’ultimo termine, ”gloria” - che nel sonetto in questione<br />

appare tuttavia come ghiora (v. 14) - mi fa venire in mente un<br />

ragionamento della Bianchini che nella rima in ”-oria” riesce a trovare<br />

un collegamento fra il Notaro e Dante (cfr. Bianchini 1996:59-64). La<br />

studiosa parte da un sonetto di dubbia attribuzione, «Per sofrenza si<br />

vince gran vetoria» in cui appaiono insieme i rimanti istoria:memoria<br />

inesistenti nella lirica trobadorica ma ben presenti nei romanzi oitanici,<br />

i principali ispiratori del Nostro. Istoria è debitore dell’altro, memoria,<br />

nel processo di costruzione di un passato da consegnare ai posteri. Il<br />

romanzo, conte, proprio perché si attribuisce il compito di conservare<br />

la ”memoria”, viene di conseguenza chiamato anche estoire. Nell’ historia<br />

si parla di fatti reali e dunque anche di racconti biblici, la verità per<br />

eccellenza. Da quest’ambito sacro nascono anche i rimanti gloria e vittoria,<br />

dove il primo è riferito alla gloria di Dio.<br />

Questo tipo di rimanti si trova di solito nei prologhi dei romanzi<br />

in versi (Chrétien de Troyes) e senza dubbio si rifanno alla Bibbia.<br />

Per quanto ci riguarda il Libro di Giobbe, giova ricordarlo, era ben conosciuto<br />

da Federico II e fatto tradurre in volgare.<br />

La Bianchini afferma che quando Dante in Paradiso XIX, vv. 14–18<br />

utilizza il rimante gloria (oltre a memoria e storia) abbia in mente Giacomo<br />

«ben presente nella mente dantesca, attraverso l’utilizzo di rimanti che<br />

nella scuola <strong>siciliana</strong> sono solo suoi (…)» (ivi:64). Nel caso di Giacomo la<br />

valenza istoria è uguale a quella dantesca: il racconto biblico è di esempio<br />

per i posteri e si rivela attraverso i rimanti gloria (divina) e memoria.<br />

Giacomo da Lentini è infine il poeta più elegante e rappresentativo<br />

della Magna Curia proprio perché mentre organizza un adeguato<br />

sistema topico vi insinua crepe e mostra un’insofferenza anelante alla<br />

ribellione.<br />

Le tracce di erotismo si esprimono con un lessico desunto naturalmente<br />

dai modelli occitanici e a sua volta fedelmente assimilato dagli<br />

altri protagonisti della scuola. Di conseguenza si delinea lo scenario,<br />

il rituale ripetitivo delle ”manifestazioni” d’amore.<br />

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