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Resta e resterà impossibile con i dati ed i materiali a nostra disposizione<br />
identificare precisamente il luogo, il tempo e la responsabilità<br />
di una tale operazione, ma possiamo provare a comprenderne la<br />
ragione: o si è trattato della volontà di imporsi nell’ambiente toscano,<br />
adottandone la lingua, da parte della stessa corte di cui la poesia <strong>siciliana</strong><br />
era una manifestazione culturale, oppure, da parte dei toscani,<br />
della volontà di assorbire e di rilanciare un’esperienza poetica sentita<br />
come esemplare entro le nuove esperienze che si svolgevano nel loro<br />
ambiente.<br />
Nonostante gli amanuensi toscani abbiano alterato gli originali<br />
manoscritti della Scuola secondo le loro abitudini di pronuncia possiamo<br />
esser certi dell’esistenza di una lingua poetica, aulica e fortemente<br />
codificata. Tuttavia le certezze, quando si parla dei Siciliani, sono<br />
perennemente smentite perché la famigerata ”rima <strong>siciliana</strong>” nascerebbe<br />
dal toscaneggiamento dei testi siciliani; allo stesso tempo, lontano<br />
dalla Sicilia, in Romagna, e circa un secolo prima di Giacomo da<br />
Lentini, sembra - sulla scorta del ”Frammento zurighese” - si poetasse<br />
già in siciliano prima della fine della dinastia normanna. Anche a nome<br />
di tanti studiosi auspicheremmo - alla luce degli studi attuali - una<br />
ripresa più motivata di tutte le problematiche relative alla rima <strong>siciliana</strong>,<br />
o addirittura ricominciare daccapo dai punti di vista letterario e<br />
linguistico.<br />
Studiosi esperti di siciliano come Varvaro si chiedono fra l’altro<br />
come fosse questa lingua durante l’epoca sveva, se assomigliasse a<br />
quella attuale, senza poter giungere a conclusioni definitive. Varvaro è<br />
comunque convinto che il sistema vocalico siciliano 44 fosse già come lo<br />
conosciamo arrivando così alla sconcertante conclusione - risuonata<br />
nei saloni dell’Università di Lecce durante il convegno sui Siciliani<br />
dell’ aprile 1998 - che l’ Imperatore parlasse come il Padrino (sic!).<br />
44 Questo sistema presenta un unico tipo di e e di o dal timbro piuttosto aperto che<br />
chiuso. In posizione tonica ha solo cinque vocali e non c’è distinzione di apertura e<br />
chiusura come nel sistema vocalico toscano che presenta invece sette vocali oltre ai<br />
dittonghi iè uò qui assenti. In posizione finale atona presenta soltanto tre elementi (a u<br />
i, che vale come e e i, sicché il plurale ”planti” rima con il singolare ”pesanti”) contro i<br />
quattro del toscano (cfr. Contini 1960:42-185; Stussi 1994:71-2; Beltrami 1993:161-4).<br />
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