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siciliana

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Sulmona, pur facendo scuola dal XII secolo in avanti, furono ”fraintesi”<br />

dai poeti medievali e l’ironia sottintesa dei suoi versi decisamente<br />

rimossa (Lewis 1966:I, 9).<br />

Tutta una serie di nomi citati nella lirica <strong>siciliana</strong> dimostra la<br />

maggiore vicinanza della lirica provenzale. Si tratta, come si è visto nel<br />

paragrafo precedente, soprattutto di nomi come Tristano ed Isotta o<br />

Paride ed Elena. Unici nomi ovidiani sono quelli di Piramo e Tisbia che<br />

compaiono in «Amore in cui disio ed o speranza» di Pier della Vigna:<br />

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e direi como v’amai lungiamente<br />

più ca Piramo Tisbia dolzemente<br />

Pier della Vigna è l’unico poeta della Scuola <strong>siciliana</strong> a citare gli<br />

amanti ovidiani e, a quanto pare, quello che conosceva bene Ovidio utilizzandolo<br />

abbondantemente nelle sue opere latine (cfr. Paratore<br />

1965:117-63).<br />

Si prendono le mosse ma naturalmente si converge sulle posizioni<br />

ovidiane - o almeno il suo retaggio speculativo - nei temi fondamentali<br />

di ideologia amorosa dibattuti come ormai ben sappiamo nella<br />

sede eletta per le sottili disquisizioni dottrinali, appunto il sonetto, la<br />

creazione metrica più intrigante dei Siciliani.<br />

Della tecnica ci occuperemo di seguito mentre riguardo al contenuto<br />

abbiamo asserito che nei sonetti si trovano, in forma di proposta<br />

e risposta di puro stampo retorico (giova ancora ripetere che la cultura<br />

e la formazione dei poeti della corte federiciana è fondamentalmente<br />

retorica) i dibattiti più accesi circa l’ideologia d’Amore ripresi<br />

da Ovidio e diffusisi con le traduzioni fatte preparare da Federico delle<br />

opere cristianiane che tanto devono al poeta latino (il Cligés lo confessa<br />

già nel prologo) 21 .<br />

21 Stando a quanto affermato nel prologo del Cligés, Chrétien avrebbe inoltre composto<br />

in precedenza alcuni poemetti di matrice ovidiana: Commandemenz Ovide, Art d’Amors,<br />

Mors de l’espaule (che rifà la leggenda di Pelope), Philomena. Si tratta di testi tutti<br />

perduti, salvo il Philomena, conservato, ma in una versione molto ringiovanita, entro<br />

un duecentesco Ovide moralisé (si vedano Meneghetti 1994:151; 159-160 - Chrétien de<br />

Troyes 1996:3).

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