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siciliana

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L’evenienza descritta dagli autori citati interrompe il rassicurante<br />

equilibrio tra intensità del servizio e premio conseguito, ma viene<br />

soprattutto a ridicolizzare uno dei capisaldi dell’etica cortese: la<br />

perseveranza del servire come condizione del miglioramento di sé e<br />

l’eventuale rinuncia all’oggetto del desiderio come esercizio ascetico<br />

atto a meritare il pretz, nonché, ultima ma non infima, la gioia amorosa<br />

(cfr. De Rougemont 1996:433-445).<br />

Il Notaro esprime ciò in «Guiderdone aspetto avere», vv. 1-55;<br />

in «Sì alta amanza à pres’a lo me’ core», vv. 9-14; «Per sofrenza si vince<br />

gran vetoria», vv. 1-14. I fautori di questa svolta (oltre a Giacomo e i<br />

poeti poc’anzi citati ci sono Guido delle Colonne, e Iacopo Mostacci)<br />

aprono un acceso dibattito sull’opportunità di manifestare o meno il<br />

proprio sentimento.<br />

Questione complessa, quest’ultima che il caposcuola dei Siciliani<br />

risolve in modo ambiguo, optando di volta in volta per la verbalizzazione<br />

(esibita magari sin dal titolo, come in «Madonna dir vo voglio»,<br />

e poi «Dolze coninzamento», vv. 25-27; «Molti amadori la lor<br />

malatia», vv. 1-4; «Donna eo languisco e no so qua», v. 6) o per la reticenza<br />

(«Dal core mi vene», vv. 122-8; «Cotale gioco mai non fue veduto»,<br />

vv. 11-4; «Madonna mia, a voi mando», vv. 7-8; «Ogn’omo c’ama<br />

de’amar so ’nore», vv. 5-14; «Meravigliosamente», vv. 12; 16-7; 28-36;<br />

52-4.<br />

La tipologia verrà a lungo dibattuta dai poeti cortesi: manifestazione<br />

perché l’amore è corrisposto o perché il fuoco che divampa interiormente<br />

non può essere celato; silenzio per paura di non esser creduto,<br />

per timore dei maldicenti o delle reazioni della dama.<br />

Le ragioni dell’incertezza sono dette in «Un[o] disio d’amore<br />

sovente» (vv. 4-15):<br />

124<br />

non saccio s’io lo taccia o dica nente<br />

di voi, più gente:<br />

no vi dispiaccia, tant’ò dubitanza.<br />

Ca s’eo lo taccio vivo in penetenza,<br />

c’amor mi ’ntenza<br />

di ciò che pò avenire,<br />

e poria romanere

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