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Si è guardato alla sua persona come ad un geniale e poliedrico<br />
organizzatore culturale nonché poeta 3 , giurista e scienziato ma, parallelamente,<br />
non gli sono mancate accuse di immobilismo o, peggio ancora,<br />
tirannia. Quasi a voler ”tranciare” qualsiasi altro giudizio in merito<br />
è stato di recente autorevolmente scritto, riguardo alla più ampia e<br />
diversificata attività artistica della corte, che i<br />
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…quadri che della cultura federiciana sono stati tratteggiati<br />
sembrano (…) privi di qualsiasi dimensione evolutiva. A noi<br />
sembra ovvio che si tenti di individuare una dinamica anche nella<br />
storia della cultura federiciana, per quanto difficile possa risultare<br />
il compito, in ragione dell’estrema difficoltà di datare molte<br />
opere e la stessa presenza a corte dei principali intellettuali (Varvaro<br />
1996:392).<br />
La corte dell’imperatore svevo è rimasta celebre per il suo nomadismo<br />
attraverso il quale Federico è dappertutto facendo riapparire<br />
in molti luoghi il suo modello politico e culturale. Per simboleggiare,<br />
infatti, gli aspetti più vari in cui si manifestò la cultura ghibellina salta<br />
subito in mente, fra le descrizioni di animali raccolte negli antichi bestiari,<br />
l’”immagine della pantera invisibile” la cui presenza era tradita<br />
dal profumo del suo alito. Dante impiegò la nota similitudine quando<br />
dichiarò di voler dare una definizione a quel volgare sviluppato dalla<br />
Magna Curia. Comunque, per quanto itinerante (Federico, per control-<br />
3 Tralasciando l’importante trattato di falconeria, De arti venandi cum avibus, opera<br />
ingegnosa ispirata dal De animalibus di Aristotele, Federico si è cimentato lui stesso<br />
nell’arte del componimento in versi (Poi che ti piace, Amore, Dolze meo drudo, e vaténe, Oi<br />
lasso, non pensai) lasciandoci un controverso, esiguo canzoniere, raro esempio di<br />
difficoltà attributiva. La sua produzione è significativa più per il fatto che lo stesso<br />
fondatore della Scuola <strong>siciliana</strong> (come altri esponenti della sua famiglia, il figlio Enzo<br />
ed il suocero Giovanni di Brienne) non abbia voluto sottrarsi all’”obbligo sociale” di<br />
comporre poesia che per i modesti livelli poetici raggiunti. Sotto il nome di Federico,<br />
qualificato a volte come imperatore e a volte come re, vengono catalogati nelle<br />
testimonianze antiche sei diversi testi che a volte sono attribuiti ad altri come a<br />
Ruggerone da Palermo (Oi lasso, non pensai) e Rinaldo d’Aquino (Poi ch’a voi piace,<br />
Amore). I problemi di attribuzione hanno impegnato per anni gli editori e, ad esempio,<br />
Panvini in tempi non lontani ha messo in dubbio perfino il congedo in forma di<br />
contrasto Dolze meo drudo (Panvini 1989:223-32).