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Alma Poloni «ISTA FAMILIA DE FINE AUDACISSIMA ...

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incoraggiata la delazione, poiché la pena, pari a cinque lire imperiali a persona,<br />

sarebbe andata per un quarto a chi avesse denunciato l’infrazione. La rubrica<br />

ne integrava un’altra, senz’altro precedente, la 108, che stabiliva semplicemente<br />

che chiunque avesse allestito una calcara avrebbe dovuto pagare al Comune<br />

tre lire imperiali, a titolo di legnatico, in cambio cioè della possibilità di<br />

utilizzare la legna dei boschi comunali per alimentare la fornace 152 . Questa<br />

norma, risalente probabilmente ai primi decenni del Quattrocento, non faceva<br />

alcuna distinzione tra «vicini» e forestieri, ma ancora una volta parlava genericamente<br />

di «qualunque persona». Il capitolo 162 vietava agli appaltatori<br />

delle taverne e dei mulini comunali di associarsi in qualunque forma a forestieri,<br />

e assegnava ai delatori un terzo dell’eventuale ammenda, che era pari alla<br />

somma davvero rilevante di venticinque lire imperiali 153 . Anche in questo caso,<br />

nessuno dei pur numerosi capitoli precedenti che regolavano la materia<br />

delle taverne pubbliche e dei mulini faceva differenza tra membri della comunità<br />

e forestieri, o limitava in qualche modo la possibilità per questi ultimi<br />

di partecipare agli appalti o di associarsi alla gestione degli impianti.<br />

I capitoli introdotti nella seconda metà del Quattrocento, dunque, erano tutti<br />

costruiti sull’opposizione uomo del Comune/forestiero. Nella stessa fase fu<br />

anche fortemente limitata, anzi praticamente eliminata, la possibilità di passare<br />

da una categoria all’altra, cioè la possibilità per un forestiero di diventare<br />

membro a tutti gli effetti della comunità. Il capitolo 113 stabilisce che «se<br />

qualche persona venisse ad abitare sul detto Comune, tale persona o tali persone<br />

non si intendano né siano del detto Comune, né abbiano alcun diritto sul<br />

monte di Ramello, in Caprioli né nella casa comunale di Onore, cioè di Rascarolo»<br />

154 . Nonostante ciò, chiunque si fosse trasferito sul territorio di Onore<br />

avrebbe dovuto pagare la sua parte delle imposte comunali e sottostare ai dazi,<br />

e avrebbe anche dovuto versare il contributo una tantum, pari a 15 lire imperiali<br />

per 100 lire di patrimonio, che, come abbiamo visto, tutti i «vicini»<br />

avevano dovuto sborsare per affrontare le spese legali della lite con i da Fino.<br />

In ogni caso, si specificava, «se volessero venire ad abitare in detto Comune<br />

persone che non piacessero agli uomini di detto Comune, che tali persone non<br />

possano abitare in detto Comune» 155 . Questo capitolo, a differenza degli altri<br />

fin qui analizzati, porta una data, il 1470.<br />

Più o meno negli stessi anni, all’indomani cioè della conclusione della lite<br />

con i da Fino, fu inserita un’altra rubrica, molto importante, la 148 156 . Essa<br />

stabilisce «che le rendite di Ramello, di Caprioli, dei mulini del Prato, del<br />

mulino di Fosinalo, della casa comunale di Rascarolo e del Consorzio della Mi-<br />

105

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