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Alma Poloni «ISTA FAMILIA DE FINE AUDACISSIMA ...

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i beni lasciati da Leone. Le rendite ottenute da questi beni avrebbero dovuto<br />

essere utilizzate per soccorrere i membri più bisognosi della parentela, mentre<br />

una parte di esse avrebbe dovuto essere dispensata sotto forma di farina e<br />

«cacio salato» alla vigilia di Natale a tutti i da Fino, ricchi e poveri.<br />

Nell’estimo del 1447 Leone era il da Fino allibrato per la cifra maggiore,<br />

ben 7 soldi, pari a 84 denari, una capacità contributiva notevole se si considera<br />

che era quasi il doppio della cifra del secondo fuoco più benestante, quello<br />

di Ser Bono del fu dominus Andreolo, registrato per 4 soldi. Il frate insomma<br />

era decisamente il più ricco dei da Fino, anche se, al momento, non so dire<br />

quale fosse la fonte di questa ricchezza, se cioè si trattasse del risultato di<br />

un’accorta gestione di un cospicuo patrimonio fondiario o se, come forse è<br />

più probabile, Leone si dedicasse anche ad attività mercantili o a speculazioni<br />

finanziarie di vario tipo, come per esempio prestiti a contadini e comunità<br />

in difficoltà. Bisogna dire infatti che nel Medioevo scelte come quella del nostro<br />

da Fino, di vivere la parte finale della propria esistenza in preghiera e di<br />

destinare buona parte del proprio patrimonio ad enti impegnati in attività devozionali<br />

e nel soccorso dei poveri, erano spesso il frutto di un tardivo ravvedimento<br />

dopo una vita non proprio integerrima, spesa ad accumulare denaro<br />

con affari spregiudicati e prestiti ai limiti - ma anche oltre i limiti - dell’usura.<br />

A pagare le conseguenze del pentimento di Leone, in ogni caso, furono i suoi<br />

figli: nell’estimo del 1470 Bonomo e il notaio Iacobo furono allibrati entrambi<br />

con la magra cifra di 2 denari, segno che le proprietà paterne erano in effetti<br />

andate in gran parte alla Misericordia.<br />

Leone però non aveva genericamente lasciato i suoi beni ai poveri, ma<br />

aveva scelto di investire tutta la sua ricchezza in un progetto ben preciso e<br />

perfettamente mirato: la conservazione della parentela dei da Fino, il mantenimento<br />

nel tempo dell’identità e della memoria del lignaggio, il rafforzamento<br />

della solidarietà e del senso di appartenenza. Il soccorso ai membri più<br />

deboli era finalizzato a rimediare a quella che poteva essere la principale causa<br />

di disgregazione della parentela, la differenziazione economica dei fuochi,<br />

la distanza che si poteva venire a creare tra i membri più benestanti, di maggior<br />

successo, e quelli sull’orlo della fame; questo distacco diventava sempre<br />

più probabile man mano che il lignaggio si ampliava e si frammentava.<br />

Come abbiamo visto, del resto, anche la «limitazione» dei dazi, strappata<br />

alle autorità veneziane nel 1464, andava in questa direzione. Essa consentiva<br />

infatti alla parentela, dopo aver pagato la cifra forfettaria di 16 lire imperiali<br />

all’anno, di incamerare le proprie imposte indirette e di ripartire le en-<br />

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