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Alma Poloni «ISTA FAMILIA DE FINE AUDACISSIMA ...

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za, di farsi riconoscere dalla Dominante lo status di corpo a sé stante, di comunità<br />

autonoma, non inquadrata in alcun Comune, e dunque pienamente legittimata,<br />

al pari delle comunità territoriali, ad affittare i propri dazi e concedere<br />

licenze per le taverne pubbliche. Lo spregiudicato progetto che era stato<br />

perseguito dai da Fino per ben due volte, negli anni ’30 e negli anni ’60 del<br />

Quattrocento, non era mai stato tentato da alcun gruppo familiare di cittadini,<br />

era del tutto estraneo alle consuetudini del luogo, era qualcosa di inaudito e perciò<br />

inaccettabile.<br />

A parte questo punto fermo, la questione dei dazi, come si delinea dalle testimonianze,<br />

appare ancora meno chiara di quanto emerga dal già complicato<br />

quadro giuridico e legislativo. Antonio dei Foresti di Sovere raccontò di<br />

aver sentito da alcuni abitanti di Gromo «che i cittadini dei Bucelleni che abitano<br />

nel detto Comune di Gromo, sulla base di un accordo che hanno concluso<br />

con gli uomini di quel Comune, se comprano qualcosa per il proprio uso non<br />

pagano alcun dazio in quel Comune. Se invece si dedicano ad attività commerciali<br />

pagano allo stesso modo delle altre persone di quel Comune» 45 . È probabile<br />

che esistessero situazioni simili anche in altri Comuni della valle. Quasi<br />

tutti i nostri testimoni osservavano che per consuetudine i cittadini non gestivano<br />

taverne, né pubbliche né private, e si astenevano dalla vendita di generi<br />

alimentari all’ingrosso e al minuto. Sempre Antonio Foresti affermò però che<br />

a Sovere i cives «non fanno né possono fare taverne, né vendere o comprare,<br />

a meno che non paghino il dazio della grattarola e gli altri dazi del loro Comune<br />

come pagano tutte le altre persone che abitano nel Comune di Sovere » 46 .<br />

Sembra insomma di capire che a livello della singola comunità la posizione<br />

dei cittadini fosse regolata non tanto o non soltanto dalle disposizioni di<br />

legge, cioè dai capitoli del 1428 e dai successivi provvedimenti emanati dalle<br />

autorità veneziane, ma anche da una serie di patti più o meno formali, di convenzioni<br />

accettate e di accordi espliciti o taciti tra i cives stessi e i «vicini». In<br />

molte realtà i cittadini erano probabilmente esentati, del tutto o in parte, dal principale<br />

dei dazi, quello della grattarola, per gli acquisti effettuati per i loro consumi<br />

alimentari personali e familiari. Tale privilegio non poteva tuttavia essere<br />

esteso alle compravendite concluse a fini di lucro, nell’ambito di un’attività<br />

commerciale. In questo caso infatti le esenzioni concesse ai cittadini avrebbero<br />

consentito loro margini di guadagno maggiori rispetto agli altri «vicini»,<br />

avrebbero cioè configurato una situazione di concorrenza sleale. In più, le<br />

perdite per le casse comunali sarebbero state eccessive.<br />

Per consuetudine i cittadini rinunciavano perciò a prendere in gestione<br />

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