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Alma Poloni «ISTA FAMILIA DE FINE AUDACISSIMA ...

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questi avvenimenti grazie al notaio Iacobo da Fino. Egli si prese la briga di trascrivere<br />

i verbali delle due assemblee, registrati nei libri della cancelleria vicariale.<br />

A questo punto dovrebbe essere abbastanza chiaro il senso di questa<br />

operazione. Iacobo, che interpretava il suo impegno professionale come una celebrazione<br />

della parentela, voleva conservare memoria di un’occasione nella<br />

quale i da Fino avevano avuto un grande successo, ed erano riusciti a dettare<br />

la linea politica del Consiglio della Val Seriana superiore. Il suo impegno era<br />

destinato soprattutto alle generazioni future della casata, alle quali egli, copiando<br />

questi documenti, desiderava indicare una strada. Il suo messaggio è<br />

chiaro: egli voleva dimostrare che, muovendosi nel modo giusto, attivando<br />

la loro rete di amici e sostenitori, i da Fino potevano ancora, alla fine del Quattrocento,<br />

fare la differenza, giocare un ruolo di primo piano nella vita politica<br />

della Valle. Non è un caso quindi che, se avessimo a disposizione soltanto<br />

i registri di Iacobo, non sapremmo mai come è andata davvero a finire questa<br />

vicenda. Non sapremmo mai, cioè, che la rivolta dei delegati non ebbe alcun<br />

seguito, che Pietro Contarini entrò regolarmente in carica nel gennaio del<br />

1474, e vi rimase fino allo scadere dei due anni del suo mandato, alla fine del<br />

1475. Iacobo non ha copiato gli atti che documentavano la sconfitta dei da<br />

Fino e dei loro sodali, perché avrebbero contraddetto la morale che egli intendeva<br />

illustrare alle nuove generazioni.<br />

Tutta questa storia, in ogni caso, ci fa capire bene perché i da Fino, dalla<br />

fine degli anni ’50 del Quattrocento, portarono avanti una strategia tanto determinata<br />

di rafforzamento della parentela, entrando in aperta collisione con i<br />

progetti della comunità di Onore. Se si fossero piegati alla logica dominante,<br />

se avessero accettato di integrarsi nei diversi Comuni nei quali risiedevano, perdendo<br />

la loro unità, o al contrario si fossero concentrati a Fino, trasformandolo<br />

in Comune autonomo, avrebbero probabilmente perso qualsiasi possibilità<br />

di contare qualcosa. In entrambi i casi, avrebbero dovuto rassegnarsi a seguire<br />

le stesse regole degli altri, a impegnarsi in una regolare e faticosa carriera<br />

politica, a incanalare ordinatamente le loro ambizioni nelle istituzioni che davano<br />

forma alla vita delle comunità. In questo modo, però, sarebbero entrati in<br />

concorrenza con famiglie come gli Albrici e i Fanzago, famiglie rampanti,<br />

più ricche, agili e vivaci rispetto ai da Fino, i quali, dobbiamo ammetterlo,<br />

erano ormai nella fase discendente della loro parabola storica. Anche in campo<br />

politico, proprio come in campo economico, i da Fino scelsero perciò la concorrenza<br />

sleale. Scelsero cioè di continuare a operare su uno spazio ampio e fluido,<br />

senza conformarsi al criterio della chiusura comunitaria, continuando a<br />

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