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Alma Poloni «ISTA FAMILIA DE FINE AUDACISSIMA ...

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miliari dei da Fino - i fuochi allargati che, come abbiamo visto, si dedicavano<br />

alla lavorazione della lana - e i mercanti della Val Seriana che disponevano di<br />

sbocchi commerciali più ampi. Ciò che più colpisce è comunque la forte coesione<br />

della parentela, che la portava a funzionare nell’affare dei panni quasi<br />

come un sistema produttivo a sé stante, perfettamente coordinato, che aveva<br />

affidato a un unico membro, Giovannino appunto, il ruolo di mediatore specializzato,<br />

con l’incarico di gestire i necessari rapporti con l’esterno. In almeno<br />

un caso la parentela operò anzi come una vera e propria unità economica. Nel<br />

1469 tre «sindaci» dei da Fino - Persivalle del fu dominus Bertolino, Venturino-Persino<br />

del fu dominus Ardengo e Andreolo del fu Ser Bono, che aveva<br />

raccolto il diritto alla rappresentanza di questo ramo della famiglia dopo la<br />

recente morte del fratello Comino -, agendo per conto dell’intera casata, presero<br />

da un mercante di Clusone una commessa per due panni di lana nostrana 128 .<br />

A questo punto bisognerebbe forse correggere, almeno in parte, l’immagine<br />

fortemente negativa delle condizioni economiche dei da Fino che emerge<br />

dall’estimo del 1470. In effetti i beni mobili - suppellettili, gioielli, denaro, crediti<br />

- tendevano a sfuggire alle rilevazioni estimali in misura ben maggiore rispetto<br />

ai beni immobili. I da Fino riuscirono probabilmente a nascondere al fisco<br />

buona parte dei redditi che traevano dalla loro nuova attività manifatturiera.<br />

Anche per il commercio dei panni, così come per il commercio di generi<br />

alimentari all’ingrosso e al minuto, il regime daziario privilegiato del quale i<br />

da Fino di fatto usufruivano costituiva un grande vantaggio. E non tanto - o non<br />

soltanto - perché forse essi sfuggivano ai dazi sulle compravendite di tessuti,<br />

quanto soprattutto perché certamente sfuggivano al dazio della grattarola.<br />

Quest’ultimo balzello, che come si è detto più volte era il più pesante per i<br />

valleriani, gravava sulle compravendite di animali vivi e morti, dunque anche<br />

sull’acquisto di pecore, che fornivano l’indispensabile materia prima per<br />

la lavorazione dei panni. Su un gregge di qualche centinaio di capi il risparmio<br />

doveva essere notevole, consentiva di contenere i costi di produzione e quindi<br />

di praticare prezzi concorrenziali, o comunque di avere margini di guadagno<br />

più alti rispetto agli altri produttori locali. Lo stesso del resto accadeva anche<br />

per lo smercio di beni alimentari: non pagando i dazi, i da Fino, dentro e<br />

fuori le loro taverne, potevano vendere vino e cibarie a prezzi migliori, attirare<br />

clienti e aumentare ancor più i profitti di un’attività che già, grazie alle<br />

esenzioni fiscali, risultava per loro particolarmente redditizia.<br />

Una situazione del genere, tuttavia, difficilmente poteva essere tollerata,<br />

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