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Alma Poloni «ISTA FAMILIA DE FINE AUDACISSIMA ...

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scritto per le imposte dirette, articolato in livelli e, al gradino più basso, fondato<br />

sugli estimi comunali.<br />

La maggior parte delle entrate dello Stato veneziano proveniva però dalle<br />

imposte indirette, i cosiddetti dazi, che gravavano sui consumi alimentari, sugli<br />

scambi commerciali, sulle attività produttive 10 . I dazi della città di Bergamo<br />

e delle comunità di pianura da essa dipendenti, in genere, non venivano riscossi<br />

direttamente dagli ufficiali cittadini, ma erano dati in appalto a imprenditori<br />

privati. L’appaltatore versava alla Camera fiscale di Bergamo, cioè alla tesoreria<br />

provinciale, una somma prestabilita, di solito in più rate. Da quel momento,<br />

per l’intera durata della concessione, normalmente un anno, egli poteva<br />

tenere per sé tutti i dazi raccolti; una volta rientrato della somma sborsata, tutto<br />

ciò che riusciva a incassare, dedotte le spese di riscossione, rappresentava il<br />

suo guadagno, che nelle annate migliori poteva anche essere consistente.<br />

Per le valli, tuttavia, il sistema dei dazi funzionava diversamente. Di fronte<br />

all’oggettiva difficoltà di riscuotere i tributi in aree spesso isolate o comunque<br />

difficilmente raggiungibili, di fronte alla necessità del governo veneziano<br />

di legare a sé popolazioni piuttosto riottose e ostili all’egemonia cittadina, e<br />

forse anche in considerazione dello scarso dinamismo economico di molte località<br />

di montagna, che rendeva la raccolta dei dazi molto meno proficua che nelle<br />

aree urbane e suburbane, le valli bergamasche si erano viste riconoscere, fin<br />

dal 1428, la cosiddetta «limitazione» (limitatio). Ogni circoscrizione valligiana<br />

doveva cioè versare ogni anno alla Camera fiscale di Bergamo, a compensazione<br />

di tutti i dazi e di ogni imposta indiretta, una cifra fissa, contrattata direttamente<br />

con la Dominante. Questa soluzione, come più in generale l’intera<br />

impostazione della materia fiscale nella provincia bergamasca, era per molti<br />

versi un’eredità dell’età viscontea, raccolta senza contestazioni da Venezia.<br />

Tornando alla Val Seriana superiore, la «limitazione» veniva poi divisa<br />

tra tutti i Comuni del distretto sulla base dello stesso estimo generale utilizzato<br />

anche per le imposte dirette. Ogni Comune pagava la sua quota, e lo faceva<br />

utilizzando gli introiti dei dazi raccolti sul suo territorio. Siamo qui di fronte<br />

a un passaggio davvero cruciale per la comprensione della vicenda che narreremo<br />

nelle pagine successive. La «limitazione» significava in pratica che, una<br />

volta versata la cifra forfettaria dovuta allo Stato, i proventi delle imposte indirette<br />

rimanevano sul territorio: più precisamente, rimanevano a disposizione<br />

delle singole comunità. L’autonomia fiscale, inoltre, si spingeva fino alla<br />

libertà, per i singoli Comuni, di stabilire gli importi dei dazi, che infatti variavano<br />

anche considerevolmente da un luogo all’altro. Prendiamo per esempio<br />

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