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Alma Poloni «ISTA FAMILIA DE FINE AUDACISSIMA ...

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taverne pubbliche e private, e più in generale a dedicarsi al commercio di generi<br />

alimentari all’ingrosso e al minuto, l’ambito sul quale maggiormente incidevano<br />

il dazio della grattarola - che come già detto gravava sulle compravendite<br />

di bestie vive o morte - e l’insieme di imposte indirette percepite come<br />

in qualche modo legate alla grattarola, perché sempre pertinenti alla vendita<br />

di alimenti: il dazio della beccheria, che colpiva la vendita di carne macellata,<br />

il dazio del formaggio, del pane e, soprattutto, del vino. I cittadini che, invece,<br />

preferivano non rimanere esclusi da un giro d’affari che, in un contesto<br />

di crescita demografica quale era quello della seconda metà del Quattrocento,<br />

si faceva sempre più allettante, rinunciavano implicitamente a godere di un<br />

regime daziario privilegiato e si dovevano adattare alle stesse condizioni fiscali<br />

degli altri «vicini».<br />

Gli equilibri comunitari non erano dunque regolati soltanto dalle leggi<br />

dello Stato, ma anche - o forse soprattutto - da un delicato meccanismo di<br />

patti e intese, di concessioni e riconoscimenti tra i diversi attori sociali, i cittadini,<br />

le élites locali, i «vicini». Si trattava naturalmente di un equilibrio molto<br />

precario, continuamente messo in discussione e ricalibrato. Era infatti nell’ordine<br />

delle cose che prima o poi una delle parti rompesse i patti o si spingesse<br />

oltre i limiti tracciati dagli accordi e dalle consuetudini. Tali confini del resto<br />

non erano sempre così chiari: per esempio, non era affatto agevole distinguere<br />

le operazioni commerciali destinate all’autoconsumo da quelle a scopo<br />

di lucro. È comprensibile che con una certa frequenza qualcuno pensasse di approfittare<br />

degli ampi margini di ambiguità che, forse volutamente, contraddistinguevano<br />

i rapporti tra i diversi protagonisti locali così come erano definiti<br />

da arrangiamenti in larga parte informali e da convenzioni non sempre<br />

esplicitate fino in fondo.<br />

Non stupisce dunque che una parte molto rilevante - forse la più rilevante<br />

- della documentazione relativa alla vita delle comunità dell’età tardo medievale<br />

e moderna, e non solo dello Stato veneziano, riguardi proprio controversie,<br />

contestazioni, dispute giudiziarie e conflitti di ogni genere, che dovevano<br />

costituire esperienze molto familiari per qualsiasi abitante anche del più<br />

isolato Comune di montagna. È nell’ambito di queste controversie - e quelle<br />

tra cittadini e «vicini», che ci interessano in questa sede, erano tra le più frequenti<br />

- che il quadro giuridico disegnato dalle diverse fonti del diritto rientrava<br />

in gioco. In tutte le fasi dello scontro, infatti, le parti in conflitto si richiamavano<br />

di continuo a questo orizzonte legale, peraltro anch’esso tutt’altro<br />

che nitido, cercando di utilizzarlo contro l’avversario.<br />

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